mercoledì 13 aprile 2016

Start Up Marketing: Come Iniziare



Oggi le Start Up sono molto famose, soprattutto grazie a Facebook, Instagram, Groupon, sinonimi moderni di business innovativi e di successo. Questa parola inglese significa avvio, si riferisce ai primi 2-3 anni di vita di una impresa, anche se adesso tale lasso di tempo tende sempre più a diminuire. 

In realtà con Start Up si dovrebbe designare solo una società nata per crescere in fretta, ma di solito il termine ha molte più connotazioni, come quella di essere formata da giovani, di muoversi nel settore dell'innovazione, dell'alta tecnologia, di Internet, e di non avere grandi capacità finanziarie.

Infatti per crescere, e spesso per avviarsi, le start up cercano capitali esterni, per i quali usualmente ricorrono alla vendita di quote.


Perché sono nate in America?
Prima di andare avanti vorrei sottolineare una differenza notevole, in quello che secondo me è il motivo fondante, della nascita negli Usa del nuovo modo di intendere il business.

Perché non sono nate in italia le Start Up? Per le Tasse? Forse, ma sicuramente non è il motivo più importante. Anche noi possiamo vantare eccellenti menti e imprenditori sognatori che hanno riscritto il mondo. Pensate a Mattei, a Ferrari, Olivetti, ecc.
A mio avviso tutto nasce dal Modello di Imprenditoria dominante nei diversi paesi.

Se chiedete ad un imprenditore italiano la sua esperienza, vi racconterà la storia della sua azienda. Questa storia sarà romantica, di gioie di dolori. Non mancherà di spiegarvi come ha superato le fasi più importanti. Ci saranno dei momenti che ancora vengono celebrati nell'azienda.

La sua nascita, l'espansione, un dipendente o collaboratore che ha lasciato un segno importante e cosi via. La sua attività è un progetto di vita a cui sarà legato per sempre, che vorrà tramandare al figlio, che poi tramanderà alle generazioni in futuro.
Questa è un'azienda nata per esistere e resistere per sempre.

Il modello Anglosassone è molto differente. In questo caso l'azienda è utile alla crescita professionale. L'importante qui è la storia dell'imprenditore, di come è riuscito a mettere su il team, trovare un finanziatore e poi vendere il tutto. In questo caso, infatti, si parla di un giovane fondatore, della sua prima società nella quale rimarrà qualche anno per poi cederla e aprirne una seconda e così il via.


Le Conseguenze
Ovviamente non esiste un approccio giusto, ma cambia il legame con l'azienda, e ciò si ripercuote sul concetto di fallimento. Nel mondo anglosassone la maggior parte dei grandi manager sono passati per ripetuti fallimenti. Non c'è vergogna nell'aver provato e fallito, anzi è considerata fonte di grande esperienza. Sappiamo bene che ogni fallimento ci insegna moltissimo ed è difficile che faremo gli stessi errori.

In Italia il fallimento è una sconfitta personale, un'onta che ci segue per sempre. Non ne parliamo. Se abbiamo fallito è segno che non era la strada giusta per noi. 

Per questo non è un caso che le start up siano nate negli Usa più di 25 anni fa e solo di recente siano giunte in Italia. Per le abitudini italiane la cessione di quote è qualcosa di inaccettabile, per non parlare del fare exit (vendere l'azienda e uscirne).

Con la crisi però questo sta cambiando e ci siamo avvicinati al modello anglosassoni, soprattutto i più giovani, che ormai conoscono solo questo tipo di realtà,


Le fasi di una start up
Fase 1 - l'idea
Tutto nasce da un'idea di business. L'idea deve essere chiara e semplice. se non riuscite a spiegarla ad un bambino di 10 anni, è segno che dovete ripensarla o sistemare qualcosa.
In questa fase l'obiettivo primario è conoscere bene il settore in cui si vuole operare, individuare il nostro team e un modello di business concreto, solido e se possibile innovativo (anche se molto dipende dal settore).

Fase 2 - Bootstrapping
Ora dobbiamo trasformare l'idea in qualcosa di concreto, renderla reale. La cosa migliore è cercare di produrre la nostra idea per raccogliere Feedback.

Molte volte si decide in questa fase di mettere mano alle proprie tasche e finanziare questa piccola produzione da soli.
A seconda del nostro business possiamo fare una demo (simulazione del prodotto finale), un prototipo (singola copia) oppure un MVP (Minumum Viable Product), cioè la produzione minima sufficiente perché possa venir immessa sul mercato.

Lo scopo è quello di avere feedback dai clienti in modo da non sviluppare caratteristiche che al mercato non interessano.

In questa fase ci possono aiutare gli incubatori (aziende che in cambio di quote danno uffici, formazione, marketing, eccetera), gli acceleratori (aiutano con incontri con possibili investitori), oppure rimane il vecchio fai da te (uno degli approcci più seguiti).

Fase 3 - Seed Stage
La fase della semina è quella in cui bisogna ottenere visibilità sul mercato.
Essenziale l'attività di marketing, divisa in:
  1. visibilità: bisogna farsi conoscere con pubblicità, eventi, PR, social media, ecc
  2. sviluppo del prodotto: i feedback ottenuti dal MVP verranno utilizzati per capire cosa piace, cosa non piace
In questa fase possiamo cercare l'aiuto dei Business Angel, individui con capitali da investire
Solitamente imprenditori o manager, che possono aiutare con l'esperienza acquisita in determinati mercati e settori, oppure con la loro rete di contatti.
E' importante valutare la Traction, ossia come si comporta la start up sul mercato vero 

Fase 4 – Scalare
Il termine indica la possibilità di un business di far crescere esponenzialmente i ritorni senza avere una crescita esponenziale dei costi. E' importante che i guadagni crescano sufficientemente di più di quanto facciano i costi. 

Ovviamente non tutti i business hanno le stesse capacità di scalare.
Ci sono settori che possono estendersi e ampliarsi con più facilità di altri, ma comunque è importante saper capire quali sono i limiti di ogni business, questo vi farà risparmiare tempo e, soprattutto soldi.

In questa fase ci possono aiutare i Venture capital, società che hanno negli investimenti a rischio la loro attività principale.

Fase 5 – Exit
Questo è il momento in cui si vendono le quote per raccoglierne i frutti.
Uscire dalla start up è sicuramente l'obiettivo dei Venture Capital e dei Business Angel, ma di solito i fondatori rimangono dentro e continuano l'avventura.

Per aumentare il potenziale ora ci possono aiutare i Competitor e le Grandi Aziende.


Cosa interessa agli investitori
Chi investe non cerca nuovi amici o vuole riempire il suo tempo, vuole capire se le scelte che farà avranno un futuro roseo o no. Chi investe sa anche che prevedere con certezza gli esiti futuri di aziende che ancora non sono nate è impossibile. Per questo cercano dei segnali che possono essere prodromi del successo.

Gli indicatori più importanti sono:
  • redditività: la capacità di garantire un adeguato ritorno dell'investimento (ROI)
  • fattibilità: l'idea e i ritorni ipotizzati possono essere grandiosi, ma se le possibilità di portare a termine l'iniziativa sembrano scarse, l'investitore eviterà.
  • scalabilità: far crescere esponenzialmente mercato e ritorni senza avere una crescita esponenziale dei costi
  • difendibile: se l'idea funziona, faranno di tutto per copiarci. Quanto per gli altri è semplice raggiungerci?
    (brevetti, base clienti, brand)


Il Business Model
Il business model descrive il modo in cui l'impresa intende generare valore per i suoi clienti e trasformarlo in ricavi. 
E' diverso da un Business Plan che invece si concentra sui aspetti economici-finanziari.

Uno dei modelli più usati è il business model Canvas:



Il modello, che potete scaricare qui (vi consiglio anche la Empathy Map), è diviso in nove blocchi. 
Ogni Blocco descrive un segmento vitale per la buona riuscita del progetto. 
E' importante capire che questo è uno strumento che semplifica soprattutto la comprensione del business, vi da una visone d'insieme semplificata.
Rende palese le incongruenze, l'incoerenza di alcuni scelte, non è e non sarà mai una sorta di bacchetta magica con cui potrete sistemare tutto. Questo è bene tenerlo a mente.

Analizziamo i 9 blocchi:

Proposta di Valore (Value Proposition)
Chiamata così perché ciò che si offre al mercato non è semplicemente il prodotto che si realizza, ma i benefici che tale prodotto generano per i clienti. 
E' importante distinguere ciò che si produce fisicamente, dal perché i clienti pagano, poiché spesso pagano per motivi totalmente diversi da quelli che ci aspettavamo.

Le VP normalmente possono essere di 11 tipi: novità, performance, personalizzazione, supporto, design, brand e status, prezzo, riduzione dei costi, riduzione dei rischi, accessibilità, usabilità. 

Segmenti di Clienti (Customer Segment)
Capito cosa voglio offrire, adesso dobbiamo capire a chi vogliamo offrirlo. 
Per farlo dobbiamo raggruppare i possibili clienti in differenti segmenti con necessità, comportamenti e attributi comuni.

La psicologia moderna vuole che in tali condizioni comuni, ci sia un comportamento d'acquisto comune (è' un approccio che sta passando di moda, sopratutto per via dei risalutati che stentano ad essere come quelli di una volta).

Ricordo che gruppi di clienti simili sono segmenti diversi se:
- richiedono una diversa offerta
- vengono raggiunti da canali di distribuzione diversi
- hanno livelli diversi di profittabilità
- sono disposti a pagare per aspetti diversi dell'offerta

Normalmente ha successo un prodotto che mira a una nicchia limitata, ma ben definita di clienti.

Canali (Channel)
Descrive i modi in cui si comunica e si raggiunge il nostro segmento di mercato 
(Internet, TV, giornali, affissione, porta a porta, passa parola, pr, punti vendita, fiere, eccetera). 
E' importante porci nei panni del cliente (potete usare la Empathy Map come schema semplificativo).

La psicologia dei consumi divide il processo il processo di acquisto in 5 fasi:

  1. Awereness: facciamo conoscere il prodotto. Dobbiamo far sapere che esistiamo e che possiamo risolvere un problema (con pubblicità e comunicazione)
  2. Valutazione: far capire quale bisogno soddisfiamo (con cataloghi, listini, recensioni, passa parola).
  3. Acquisto: dobbiamo renderlo il più semplice possibile.
  4. Consegna: come riceverà i prodotti? Dovrà aspettare? C'è rischio di danni?
  5. Post vendita: fintanto che un cliente utilizzerà un nostro prodotto dovremmo considerarlo ancora un nostro cliente, quindi dovremo tenere aperti dei canali di comunicazione con lui.

Customer Relantionship
Mostra che tipo di rapporto vogliamo avere con i nostri clienti.
Anche qui ricordo che oltre alle attività di CrossSelling e Upselling, i nostri clienti non sono tutti uguali.
Ci sono i nuovi clienti e ci sono i clienti attuali.
Vista l'attuale economia di mercato, il grado di competizione e saturazione di qualsiasi settore, da una parte, e soddisfazione di qualsiasi bisogno, dall'altra, il mantenimento dei clienti attuali risulta ormai più semplice e molto meno costoso. Per questo le leve del CrossSelling e Upselling divientano indispensabili.

In ogni caso esistono diverse tipologie di CR:
- Assistenza personale: faccia a faccia, call center.
- Assistenza personale dedicata: come la precedente, ma l'assistente sarà sempre la stesso.
- Self-service: ci sono le istruzioni e si auspica che il cliente sia autosufficiente.
- Sistemi automatici.
- Comunità: spesso gli utenti di un servizio di un prodotto formano delle comunità.
- Co-creazione: prosumers.

Il difficile è individuare la relazione più soddisfacente per il cliente, e che si integra meglio con il resto del BM.

Risorse Chiave (Key Resource)
Sono gli asset necessari per far funzionare il business. Di solito sono di 4 tipi: 

1 Risorse fisiche: macchinari, strumenti, attrezzature, locali, uffici.
2 Risorse umane: in primis sono le figure chiave necessarie, tutti dipendenti poi rappresentano le risorse umane.
3 Risorse intellettuali: quelli intangibili (brevetti, copyright, brand, conoscenze, base clienti e partnership).
4 Risorse finanziarie.


Attività Chiave (Key Activity) 
Sono le attività cruciali. Esse cambiano a seconda del business, possono essere di tipo produttivo, di tipo di problem solving, eccetera.


Partnership Chiave (Key Partnership)
Dobbiamo capire cosa fare e cosa delegare (esternalizzare). Trovare accordi proficui con partner giusti, darà una spina incredibile al nostro Business.

Possono essere in quattro forme:
1 Partnership cliente-fornitore: due aziende che sono sulla stessa filiera
2 Partnership tra non-competitor: es Microsoft e Nokia x gli smartphone
3 Cooperazione: cooperazione tra competitor (per suddividere il rischio, unire le forze per attaccare un leader)
4 Joint Venture: tra aziende completamente diverse, di solito per avviare nuovi progetti

Costi (Cost Structure)
Descrive tutti i costi sostenuti per far funzionare il nostro modello di business.
Ricordiamo che adesso, in tutti i casi, i costi vanno minimizzati.

Esistono due diverse tipologie di business model:
1 – modelli cost Driven: business guidati dai costi (es: offrire ai clienti una VP al prezzo più basso possibile).
2 – modelli value Driven: guidati dal valore, cioè dalla qualità (lusso).


Ricavi 
Qui arriva la parte in ui descriviamo in che modo intendiamo generare i ricavi.
Individuare il pricing corretto per il proprio prodotto è difficile. 

Un approccio comune e partire da quanto costa la VP e aggiungerne il margine che si vuole ottenere.
Questa strategia è più adatta business consolidati, per i prodotti innovativi la domanda da porsi è:
Quanto sarebbe disposto a pagare ogni segmento di clienti per la mia VP?
Per quale aspetto della proposta è disposto a pagare?
Il prezzo oltre che a sostenere il business, fornisce una chiara indicazione sul posizionamento di mercato della nostra offerta, inoltre contribuisce alla narrazione del brand.

Esistono tre tipi di prezzi:
  1. Pricing basato sui costi: conoscenza dettagliata di tutte le voci di costo. C'è rischio di non entrare in relazione al mercato (prezzi molto alti o troppo bassi)
  2. Ppricing basato sulla domanda: si coinvolgono i clienti per capire il prezzo a cui mercato è disposto ad acquistare
  3. Pricing basato sulla competizione: si tiene conto dei prezzi dei competitor
Ricordo che ogni impresa è fatta di persone, sono loro che possono far diventare un prodotto mediocre un successo o viceversa.



Il Team
Spesso il team nasce più per caso, eppure è uno degli elementi più importanti. In molti casi il fondatore, parte direttamente a cercare finanziatori, scelta destinata al fallimento, per molte ragioni:
  1. Staticità e cambiamento: la start up procede per tentativi e trasformazioni, quando si è soli la fluidità è compromessa. Oppure capita che ci si lascia influenzare dal giudizio degli altri troppo spesso.
  2. Forza creativa: L'idea iniziale non è mai completa, dovrà essere arricchita. Avere persone diverse, con esperienze e competenze diverse amplia le possibilità.
  3. Energia e motivazione: da soli c'è il grande rischio di abbandonare.
  4. Credibilità: la completezza del team è un parametro valutato attentamente dai finanziatori.
  5. Competenze: una singola persona non è in grado di ricoprire efficacemente tutti i ruoli richiesti.

Skill, motivazione e Valori
Una start up vale quanto la somma delle persone che la compongono, ma le competenze e le capacità non sono l'unica cosa da considerare.

E' importante la motivazione, cioè quanto interessa davvero il nostro business, se lo considera un progetto da investirci tempo o lo vede solo come un lavoro temporaneo.
E' fondamentale la condivisione dei valori, cosa vuole raggiungere, cosa lo attira, i motivi che lo spingono. Non bisogna sottovalutarli.
Esperienza: a volte maggiori sono le competenze più aumenta il rischio di fallimento, per eccesso di sicurezza.
L'esperienza diretta nei settori in cui vogliamo agire è fondamentale.
Per esempio gli angel preferiscono investire nei settori che conoscono bene e dove hanno già lavorato.


Execution
L'esecuzione è fondamentale, tra un prodotto immaginato e uno funzionante ci sono mesi, anni di fatica, difficoltà ed errori. Molti pensano che l'esecuzione sia il 99% del successo. 
Per questo diventa necessaria una buona capacita di Pivoting.

Il Pivoting è uno dei fattori di successo, è la capacità di evolvere e di adattarsi all'ambiente.
Facciamo qualche esempio:
  1. zoom-in pivot: una singola parte del prodotto diventa il prodotto intero, perché mercato indica quale caratteristica interessa
  2. zoom-out pivot: ciò che prima era il prodotto completo, poi diventa una delle caratteristiche del prodotto
  3. customer segment pivot: il prodotto attiva clienti diversi da quelli a cui avevamo pensato (va riposizionato)


Lancio e diffusione
Servirebbe forse un blog intero per questa sezione, ma cerchiamo di descrivere solo le cose essenziali. Esistono principalmente due tattiche di marketing: attenzione acquistata (paid attention) e attenzione guadagnata (earned attention).

Un'altra classificazione delle tattiche di comunicazione è quella che contrappone le tecniche che prevedono di interrompere il destinatario (outbound marketing) e quelle che prevedono che sia quest'ultimo a scegliere l'azienda (inbound marketing).

L'outbound richiede del capitale da investire e ha il vantaggio della rapidità del ritorno dell'investimento (carta stampata, direct mail, telemarketing e call center, fiere, pubblicità tv e radio, link sponsorizzati e banner).


L'inbound non utilizza la pubblicità tradizionale, perché oggi giorno non garantisce più ritorni di attenzione di una volta. Siamo così sottoposti a tanti stimoli pubblicitari che per sopravvivere, il cervello semplicemente impara non vederti (a questo proposito leggete la guida definitiva alla persuasione), per questo pensare a tattiche non convenzionali può essere la scelta vincente.


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