giovedì 31 marzo 2016

The Obama Brand: Analisi



Bernays, chiamato lo "psicologo delle aziende", nipote di Freud, l'uomo che ha ottenuto più successi di chiunque altro nel campo della persuasione, nel suo testo "Propaganda" scriveva che: 
"Considerando la nostra organizzazione sociale, ogni progetto importante deve essere approvato dall'opinione pubblica, in altre parole il movimento più ammirevole rischia fallire se non riesce a imprimersi nelle menti".

L'elezione del primo presidente di colore degli Stati Uniti ha rappresentato un evento sensazionale, non solo per i contenuti razziali, ma soprattutto per ciò che ha simboleggiato, per il movimento che ha saputo costruire e unire tutto il mondo, perché tutti, in cuore nostro, abbiamo creduto a quel cavolo di "Yes, We Can".

Il movimento Obama ha saputo muoversi in ogni direzione, con una pionieristica campagna come mai prima di allora era stata studiata. 
Ma soprattutto ha saputo usare i simboli a proprio vantaggio, facendo del suo leader, l'emblema del cambiamento, un cambiamento non solo a parole, ma per la prima volta possibile. Ha fatto delle dichiarazioni, il segno della sua differenza, ha fatto del linguaggio, il simbolo di un nuovo modo di comunicare. 

Obama ha saputo parlare alle persone come un loro pari. Se gli avversari si innalzavano a nuovi eroi, senza macchia e senza paura, lui si è fatto uomo, è sceso tra le persone e ha parlato a tutti, senza distinzione.

Non voglio qui elencare o analizzare la campagna di Obama, ma il Brand Obama. Perché mai un politico, prima di lui, era stato portatore di così tanti significati, di così tanti valori, di cose tante relazioni, come il primo presidente di colore degli USA.

Anche la strategia legata al Brand ha reso evidente quanto sia imprescindibile un buon simbolo nel supportare una buona causa. 
E così la campagna politica si è trasformata in una marca carica di significati e di valori fondamentali per l'animo umano. 

Non so se Obama è semplicemente l'uomo giusto al posto giusto, arrivato quando i tempi erano ormai maturi, ma grazie all'utilizzo di Internet (da cui sono arrivati oltre 270 mln), ha saputo rendere credibile il suo racconto. 

Perché in politica tutti raccontano una storia, ma la sua storia è stata la più credibile, tanto da far sognare i popoli di ogni nazione.

A differenza degli altri politici Obama non ha spiegato il suo importante programma, non si è dilungato in una pedante spiegazione delle operazioni che avrebbe fatto, bensì, si è fatto simbolo dei valori in cui la gente potesse credere, identificandosi in una causa importante.

Il brand è stato disegnato e concepito seguendo i valori che hanno pervaso l'intera campagna:

  • Speranza e Cambiamento (come valori profondi primari)
  • Believe (cioè il concetto di credere in quel qualcosa che può cambiare il mondo, credere in noi stessi, credere nella nazione che può ritornare a essere quella di prima
  • Ottimismo
  • Integrazione
  • Solidarietà


Il marchio rappresenta un cerchio, la "O" di Obama, il cui cerchio interno rappresenta anche un sole che sorge. 
Questo sole sorge su quello che sembra una collina, ma grazie alle strisce, della bandiera americana, vuole rappresentare un campo coltivato. 
Qui arriviamo subito al primo elemento importante, il "mito della frontiera", il mito della libertà, ma che qui viene rappresentato come quelle terre che i primi pionieri hanno conquistato e utilizzato per fondare gli Stati Uniti d'America. 

Quindi il sole sorge, ma questo sole non è un sole qualunque, è un nuovo sole, come nuovo è l'uomo che promette di riportare nuova linfa alla terra americana. Da questa risurrezione si potranno raccogliere i prodotti che gli uomini che lavorano, gli uomini giusti e onesti, cioè tutti gli americani, meritano.

Il merito fa parte della cultura americana, della cultura protestante, che in america si fonde con la cultura della speranza, l'idea cristiana di un mondo migliore. 
Devo dire che il il mito della frontiera, il più potente mito dell'epoca moderna, grazie alla globalizzazione (americanizzazione?) è stato diffuso in tutto il mondo, e ha ovviamente particolare valore in America, dove l'idea dell'uomo giusto che lavora, che s'impegna e che quindi merita di portare a casa i frutti del proprio sudore, sono sempre molto radicati, in quella che viene definita una vera e propria religione civile americana.

Un fatto che mi ha particolarmente incuriosito, è che il marchio è stato inaspettatamente esteso a qualsiasi tipo di gruppo, di target, di etnia, come gli omosessuali, gli irlandesi, i religiosi, i veterani, e persino i repubblicani (si, anche i repubblicani hanno votato per Obama). 
Ad ogni marchio è stato legato un discorso diverso, adattato ai valori primari di quei popoli.







Più avanti farò un post, o più post probabilmente, sull'analisi dell'intera campagna di Obama.
Per chi fosse interessato ad alcuni di questi argomenti consiglio:
  • Max Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo 
  • Ian Watt, Miti dell'individualismo moderno, Faust, don Chisciotte, don Giovanni, Robinson Crusoe
  • H. E. Harris, The Obama Effect: Multidisciplinary Renderings of the 2008 Campaign
  • Drew Westen, La mente Politica
  • G. Lakoff, Il pensiero politico

I punti salienti su cui si è fondata la campagna

Brand e Colori: Verde e Bianco


Dopo aver analizzato il Blu e il Rosso in Brand e Colori: Blu e Rosso cerchiamo di capire di quali significati sono portatoti il Verde e Bianco.

Oggi il Verde ha un momento di gloria, soprattutto perché designa naturalità, ambiente ed ecologia, pulizia, igiene e sanità, permissività. È un fenomeno assolutamente recente e tra l'altro, relativamente casuale rispetto alla sua storia antica e pre-moderna.

Il verde infatti è stato inteso come un colore poco caratterizzante, instabile e volatile. Infatti i coloranti vegetali, per quanto facile da maneggiare, tendevano a trasformarsi nel tempo, diventavano slavati, perdevano facilmente vivacità, quelli chimici, invece, con il passare del tempo divenivano corrosivi e velenosi.

Così, esso è divenuto presto il colore del veleno e, più in generale, data la sua provvisorietà materiale, simbolo dell'instabilità e dell'incertezza, rappresentando tutto ciò che varia, cambia e quindi inganna.

Diviene quindi il colore del gioco, dunque del caso e del destino, dell'indeterminatezza e delle possibilità. Erano verdi i vestiti del buffone di corte e dei cacciatori, dei cavalieri durante i tornei, a cui si devono il verde dei campi sportivi, come di tutti i tavoli da gioco, da quelli di ping-pong a quelli del poker e dei casinò.

Proprio dal gioco d'azzardo, e quindi dal caso e dalle infinite possibilità, deriva la speranza, ma anche la cattiva sorte. Verdi sono gli alieni della prima fantascienza, perché esseri indecifrabili e sconosciuti.
Per molto tempo è stato tolto dai colori primari, per poi essere reinterpretato come complementare del rosso. È così che ha assunto significati opposti, e se rosso indica interdizione, il verde esprime permissività.

Con il Romanticismo il verde assume il ruolo di simbolo della natura, che in quel momento era simboleggiata con le tinte dei celebri quattro elementi detti "aristotelici" (rosso fuoco, bianco aria, nero terra, blu acqua).

Curioso il caso del mare, che prima del romanticismo, era indicato proprio con il colore verde, perché simbolo dell'ignoto e della pericolosità, ma anche delle possibilità e della speranza, che proprio i rigogliosi commerci marini avevano tanto portato a tante popolazioni, aprendo proprio un mondo di chance.

Oggi il verde è il più igienico di colori (si vedano ad esempio la croce verde delle farmacie e il camice verde dei medici), rinvia alla libertà, alla gioventù, alla permissività, ora intesa anche come gratuità (numero verde). Non esiste partito politico che non inserisca questo colore nel proprio simbolo, tanto che alto è il rischio dell'inflazione e dunque della progressiva insignificanza.

Il bianco ha lo stesso problema del verde. Per molto tempo la fisica newtoniana ha sostenuto che il bianco non è un colore ma la somma di tutti i colori. Per questo, spesso il bianco è stato considerato come qualcosa di non colorato, ed ha in qualche modo mantenuto questo significato attraverso le tecnologie tipografiche e dell'informatica, che con carta bianca e con sfondo bianco indicano lo sfondo dei loro supporti. Uno sfondo neutro quindi.

Sembra che il bianco sia l'unico colore che può vantare  un simbolismo universale o comunque resistente nel tempo. Denota purezza e innocenza, per questo il vestito della sposa diviene bianco (tra l'altro un uso recentissimo, XVIII secolo, messo in mostra da quando la verginità della sposa è divenuta un valore sociale, non solo richiesto ma anche esibito), bianchi dovevano essere tutti i tessuti che toccavano il corpo (in questo caso nel suo significato risiede anche un valore di uso pratico, cioè la resistenza ai frequenti lavaggi), che solo in epoca recente è stato superato, prima dai colori tenui (azzurro, rosa), fino a infrangere questo tabù con tinte forti.

Tuttavia, anche il bianco ha delle particolarità culturali nei diversi continenti. in Asia e in gran parte dell'Africa il bianco è il colore del lutto, che per noi è il nero.


Alcune Curiosità
Nelle società Orientali, come lo era da noi fino a poco più di un secolo fa, la bianchezza della pelle è un valore molto importante. Il significato è del tutto simile, tenuto in alta considerazione dai nobili e dei membri dell'alta società, tanto da cospargersi il viso di ciprie (lasciando emergere le vene, a volte ricalcandole con la matita blu, il sangue blu si doveva vedere) era simbolo del lavoro. Infatti abbronzati erano i contadini che lavoravano la terra, quindi di denotava tutti coloro che facevano lavori umili o che più in generale, lavoravano.

Solo in epoca borghese l'abbronzatura è divenuta un valore sociale positivo (ci si poteva permettere le vacanze) in contrasto con gli operai pallidi delle città industriali.

Continuerò il discorso sui colori al più presto.


Brand e Colori: Blu e Rosso



Abbiamo visto come il carattere universale attribuito al significato dei colori, sia in realtà una convenzione storica e culturale nel post Brand e Colori.

In linea di principio non c'è alcuna ragione per cui un certo colore abbia un certo significato, ma allo stesso modo è sotto gli occhi di tutti che esista qualcosa di "naturale", di "razionale" nel significato che diamo ai colori. E' talmente radicato nelle nostre abitudini percettive e cognitive che lo diamo per scontato.

Il senso dei colori cambia non solo da epoca a epoca, ma anche da paese a paese, da cultura a cultura.
Così il significato del bianco e del nero è opposto in Occidente e in Oriente, il lutto da noi è scuro, in Asia bianco.


Blu e Rosso
Non solo i colori non hanno valori stabili, ma spesso hanno assunto nel corso del tempo significati opposti. Un esempio tra tutti e quello del Blu e del Rosso.

Oggi il Blu è il colore dell'eleganza, sobrio, raffinato, ufficiale. Ma non è stato sempre così, nell'antichità, anche a causa delle difficoltà nel riprodurlo, non era neanche considerato un colore vero e proprio. Lo status di colore era dato unicamente al Bianco, al Nero e al Rosso, a quel tempo considerato il più bello di tutti i colori (probabilmente anche per la facilità di reperirlo, persino i primi graffiti rupestri sono di colore rosso).

Per i Romani il blu era il colore dei barbari, dell'ignoranza, dello stato selvaggio e una donna con gli occhi azzurri era considerata una bugiarda, di facili costumi, mentre un uomo con gli occhi azzurri era considerato semplicemente ridicolo.

Ma le epoche cambiano e cosi i movimenti sociali, che nel medioevo vedono l'ascesa del culto mariano. Così il blu diviene il colore del cielo e, della tinta del manto della Madonna (che sino a quel momento era sempre stato grigio o nero).

Il punto centrale è capire che il blu non si sviluppa perché si inventano le tecniche per riprodurlo, ma le tecniche si sviluppano perché c'è interesse sociale verso quel colore. E allora piante che fino a quel momento non erano di alcun valore divengono richiestissime e interi campi convertiti in molte arie dell'Europa. Ricordo solo la fortuna che ebbe l'albero del cucco (da cui si reperiva il Blu) su cui s'inventarono storie fantastiche e folcloristiche, tanto che il relativo paese di Cuccagna è associato alla felicità.

Quindi se il Rosso era considerato il colore più bello, con l'ascesa del blu, esso diviene il colore del diavolo e con la riforma protestante viene associato a tutto ciò che è peccaminoso. Il Rosso era infatti usato da Papi e cardinali (che lo avevano ereditato da Roma), e il protestantesimo voleva allontanarsi da tutto ciò che rappresentava la Chiesa di Roma. Così il blu, insieme al grigio e al nero, inizierà a designare la sobrietà, il rigore, la moderazione, e verrà usato a poco a poco come colore ufficiale dell'abito maschile, cosa ancora oggi in uso.

Il blu è il colore più usato da istituzioni (ONU, consiglio d'Europa, Unesco, eccetera), nonché il colore più usato dalle aziende che vogliono, le serietà e tradizione (pensiamo al "big blue" della IBM). Oggi il blu e il colore preferito in tutti i sondaggi occidentali, al contrario del Giappone, dove è il rosso, in Cina e in India, dove è il giallo, e per finire nei paesi islamici, dove è il verde.

Così il blu e il rosso fanno parte dello stesso sistema cromatico perché significano cose opposte per i medesimi motivi. Il blu è segno di sobrietà e serietà perché poco luminoso, poco colorato (nel senso di appariscenza), al contrario del rosso che è segno di sregolatezza, potenza, passione proprio perché, al contrario del blu, è comunemente percepito come il colore più colore di tutti gli altri.

Come abbiamo visto con la Controriforma e il Protestantesimo, il rosso viene relegato a tinta del demonio, dell'inferno (anche la storia dell'inferno è molto particolare, visto che prima veniva visto come luogo freddo e buio, luogo di solitudine. Prima o poi ne parlerò) e associato al sesso femminile, per definizione dannato.

Così se nel medioevo le donne erano vestite di blu (come il culto mariano) e gli uomini rossi (come i grandi capi), oggi è il contrario, gli uomini in blu e le donne in rosso. Gli stessi colori desaturati vengono usati anche per i bambini: i maschietti in azzurro, le femminucce in rosa.

Il rosso è ancora un forte simbolo ambivalente, è il colore dell'amore, della passione, ma anche del sangue e dell'orrore. La sposa per lungo tempo è stata vestita in rosso, ma lo sono state anche le prostitute (per le lanterne rosse nelle case chiuse).
Ed è proprio da qui, dal peccato, dal significato del divieto, dell'interdizione che il rosso diventa sia simbolo di proibito (la bandiera rossa è segno di divieto, così come il semaforo) ma anche della rivoluzione, perché trasgredendo le regole sociali, vogliono cambiarle e sostituite.

Quindi, oggi quando vediamo il rosso usato, per esempio, come colore della festa, del lusso (Ferrari) e dei teatri dell'opera, sappiamo che è un retaggio di antichi significati che rimangono come sopravvivenze fino ai giorni nostri.

Continua a scoprire il potere dei colori: Brand e Colori: Verde e Bianco


mercoledì 30 marzo 2016

Brand e Colori


Si dice che il mercato degli affari sia una guerra, che la competizione si faccia sempre più agguerrita e cosi ogni arma a disposizione viene affilata a dovere. Quindi anche il colore è divenuto oggetto di attenzione da parte degli esperti.
Ma cosa rappresenta il colore? Quale attrattiva hanno i colori per chi fa marketing?  E soprattutto, c'è una particolare strategia sui colori, possono influire su di noi?

Il colore è soprattutto un fenomeno legato alle forme della cultura, della conoscenza e agli ambienti in cui si manifesta. I colori ancorano un insieme di percezioni, di saperi condivisi, di gusti, di paure e desideri, di abitudini e convinzioni.

Sono come delle scorciatoie che in un baleno ci dicono qualcosa. Ma perché?

In pratica quando percepiamo i colori stiamo attribuendo valore alle cose, gli stiamo dando un certo significato. Questo significato cambia nei secoli, non solo per la sua funzione estetica, ma anche per quel sistema di segni che assumono sempre un ruolo sociale. In modo molto semplice i colori ci permettono di classificare le cose in base a certi significati.

Si ritiene che i colori siano legati alla sfera dell'inconscio, dell'impenetrabile, dell'irrazionale in ciascuno di noi, che il preferire un colore ad un altro denoti caratteristiche della personalità altrimenti incomprensibili.

I colori invece sono soprattutto legati ai modelli sociali, a codici culturali, che sono di certo spesso, inconsapevoli e arbitrari, ma di sicuro non per questo incoerenti o illogici. I colori sono fortemente legati a strutture profonde che oramai fanno parte di veri e propri automatismi inconsci.

Quindi i colori provocano di certo reazioni psicologiche o emotive, ma poiché queste reazioni sono simili in ognuno di noi, tale reazione non dipende esclusivamente dai colori, ma dal contesto in cui sono collocati.
Non ci sono simboli e codici sempre e comunque validi, poiché tutto dipende dai contesti sociali, storici, culturali, da rappresentazioni collettive e condivise, che ovviamente mutano continuamente.

Non c'è persona che si rallegri e si distenda nel reparto oncologico, nonostante i disegni ai muri per calmare i bambini, come non esiste abbinamento che può farci comprare qualcosa che non ci piace.


Se ci fate caso le motivazioni circa cosa i colori significherebbero sono spiegazioni date a posteriori, che poi assumono valenza culturale. 
Per esempio il porpora era nell'antichità il colore della ricchezza perché la conchiglia da cui veniva distillato era molto rara, anche il blu è stato per molto tempo difficilmente riproducibili in Occidente, per questo era centellinato nelle opere per gran parte del medioevo. 

Oppure come non citare il bianco "classico" simbolo di eleganza, potenza, raffinatezza, bellezza assoluta e perfetta. Errore neoclassico dovuto al bianco delle statue e delle costruzioni greche e romane (che ora sappiamo in verità sbiadite nel tempo).

Inoltre il punto di vista da cui si osserva un certo colore ne cambia drasticamente la natura e cosi molti dei significati che diamo per scontati e naturali, sono modelli costruiti e affermatesi sul mercato delle idee.
E' il caso di dire che non dobbiamo scambiare "la cultura per natura".

Entra qui in gioco la semiotica del colore, che si occupa non del colore in quanto tale, ma del modo in cui esso è portatore di significato. Qui entrano in gioco i Brand, che in questo modo cercano di utilizzare questi mediatori culturali nel modo più adatto, spesso come classificatori di genere.
E quindi troveremo il bianco utilizzato per i prodotti per la pulizia, il verde per l'igiene del bagno e cosi via.

Oggi i tanti stimoli a cui siamo sottoposti hanno innalzato ancor di più le nostre Barriere Selettive, riducendo la forza persuasiva e comunicativa, che a mio avviso limita oggi il colore a dover essere coerente con la marca e i suoi valori, ma nulla più.

Non esiste una strategia perfetta ed universale per utilizzare i colori o almeno non è stata ancora trovata, ma ciò non vuol dire che non possa essere escogitato un nuovo modo di utilizzarli, soprattutto con il continuo cambiamento della società.

Approfondisci con Brand e Colori: Blu e Rosso


Persuasione: Utilizzare il principio di Impegno e Coerenza



Dopo aver spiegato cosa sono questi due principi e come agiscono in Il Principio della Reciprocità, possiamo ora capire come utilizzare queste potenti armi a nostra disposizione.

La teoria dell'Attribuzione Casuale, ci spiega come noi siamo interessati soprattutto a capire se una persona abbia e mantenga caratteristiche stabili, cioè se il suo comportamento è dovuto a elementi costanti della personalità. Questo ci aiuta così a prevederne il comportamento del futuro.

Per fare un esempio pratico lo stesso meccanismo funziona anche quando pensiamo alla nostra vita e a ciò che dobbiamo fare, per esempio,  fra un anno o due anni. Incredibilmente pensiamo che tutto si ripeta in un continum senza mai cambiare.

Non prendiamo mai in considerazione imprevisti, a dir la verità il nostro cervello non li menziona proprio, così da spingerci a a formulare ipotesi più facilmente. Nella realtà invece questo non succede mai, i nostri giorni sono proprio scanditi da cose che non avevamo previsto.

Quindi la coerenza è un tratto positivo, denota solidità, è alla base della logica, della razionalità, ma come tutte le altre forme di risposta automatica, è una scorciatoia che ci permette di semplificare la grande mole di stimoli che arrivano al nostro cervello. 
Una volta che abbiamo preso una decisione non dobbiamo ogni volta ripetere il processo, ma siamo capaci di individuare subito il nocciolo della questione. Siamo d'accordo o no?

Come si fa a reclutare la forza della coerenza? Che cos'è che fa scattare in noi quell'automatismo?
Secondo la psicologia sociale la risposta è chiara: l'impegno

Anche se facciamo qualcosa di apparentemente innocuo, di semplice, questo ci porterà ad accettare pian piano richiesto più grosse.

Facciamo un esempio con la nota ricerca fatta da Edgar Shein:
Dopo la guerra di Corea i prigionieri americani, che erano stati nei carceri coreani, rientrarono in patria e furono sottoposti a lunghi esami da parte di psicologi, soprattutto per capire lo straordinario successo del loro programma di indottrinamento.
Infatti, sebbene i soldati americani erano addestrati a dichiarare solo nome, grado e numero di matricola, anche sotto tortura, la quasi totalità ha collaborato con il nemico. Come è possibile?
Ma una volta fatto il primo piccolo passo, i soldati si trovavano venivano spinti poco più in la.
Per esempio gli si chiedeva di fare alcuni esempi concreti di cose che avrebbero migliorato, fornendo spiegazioni. Tutto questo doveva essere scritto su un foglio e firmato. In seguito si chiedeva di leggere questo elenco in un gruppo di prigionieri a cui era stato fatto fare un compito simile.
Fin qui nulla di male, in fondo erano le loro idee, nessuno gli aveva puntato una pistola alla testa.
Il tutto veniva registrato e poi mandato per radio nell'intero campo di prigionia, così il nostro prigioniero si trovava ad essere un collaboratore. Consapevole di aver scritto il testo senza minacce, finiva per modificare la propria immagine di sé per renderla coerente con il gesto compiuto (un esempio di Dissonanza Congnitiva). Una volta che veniva etichettato come collaboratore e respinto dai suoi simili, maturava sensi di rabbia, paura e solitudine e collaborava ancora di più. 
Inoltre senza ricorrere a violenze fisiche, gli americano collaborarono spontaneamente, spesso senza opporre resistenza. Il metodo era chiedere poco all'inizio e poi procedere per gradi. Per esempio, chiedevo prigionieri di fare dichiarazioni anti americane o filo comuniste molto banali, in fondo, dicevano, nessun paese è perfetto, ci sarà qualche aspetto che miglioreresti? Ovviamente questo tipo di richieste erano poca cosa, soprattutto se sei detenuto come prigioniero di guerra in un campo di concentramento.

Ma non tutti gli impegni hanno questo effetto. Ci sono alcune condizioni necessarie per ottenerlo.
Quali sono?

Quanto maggiore è lo sforzo richiesto da un impegno, tanto maggiore sarà la sua influenza sugli atteggiamenti. Per esempio molti riti iniziazione delle tribù o delle confraternite studentesche sono molto duri proprio per questo. Dopo aver sofferto molto o sopportato fatiche per raggiungere qualcosa, dopo si ha una più alta considerazione. 
Chi ha fatto il militare lo sa bene. Ad anni di distanza tutti ricordano il periodo militare come qualcosa che li ha formati, un periodo in fondo bello, in cui si sono fatte amicizie che durano ancora adesso. Lo dicevo anche io, ma non è vero. La verità è che dopo aver perso un anno a marciare, cantare e fare guardie davanti ad un prato vuoto, l'unico modo per dare un senso a tutto questo è cambiare il nostro atteggiamento verso il periodo vissuto.

Già Durkheim diceva che i tormenti, le fatiche e le mutilazioni dei riti di iniziazione hanno senso, sono razionali, non sono riti sadici, sono atti per la sopravvivenza del gruppo, che servono paradossalmente a stimolare nei futuri membri una più alta considerazione della società di cui entreranno a far parte. Cosi il gruppo crea lealtà e lega gli individui l'uno con l'altro, aumentando le sue stesse probabilità di sopravvivenza. 

Cosi si spiegano le esercitazioni militari senza fine sotto il sole cocente, abusi mentali e fisici dei datori di lavoro, delle confraternite studentesche o delle sette, sadismo dei partner, eccetera, che comunque non bastano a far cambiare idea a chi li ha provati, e li considera periodi della vita da cui è uscito più temprato, più elastico e più coraggioso, consapevole delle proprie possibilità.


Se fosse la fatica e la sgradevolezza delle prove quello cui tengono queste associazioni, sarebbe più ovvio cercarle in certi servizi di volontariato presso ospedali, centri di salute mentale, eccetera.
Inoltre imprese del genere servirebbero migliorare la loro immagine presso l'opinione pubblica. Sembrerebbero tutte ragioni valide per inserirle nei riti.

Anche se guardiamo ai prigionieri americani in Corea. i premi in palio per le collaborazioni erano piccoli: qualche sigaretta o poca frutta fresca in più. Ovviamente in quel contesto erano apprezzabili, ma il punto è che sceglievano deliberatamente di utilizzare le ricompense più piccole anziché quelle più motivanti.

Per quanto diverse siano le due situazioni, la ragione la stessa: "si vuole che si senta che ciò che ha fatto gli appartiene, senza possibili scuse o vie di un'uscita".
Il ragazzo che entra in una confraternita non deve credere che l'ha fatto per scopi umanitari, per scopi utili, come il prigioniero non doveva scaricarsi la coscienza attribuendo le sue dichiarazioni alla prospettiva di una grossa ricompensa.

Per ottenere un impegno duraturo e non un'adesione momentanea, non si deve estorcere qualcosa, bisogna che l'individuo si assuma la piena responsabilità interiore delle proprie azioni.

Quindi per cambiare l'atteggiamento verso qualcosa, si dove indurre il soggetto ad un comportamento nuovo, dandogli la minima ricompensa possibile.


Le scienze sociali ci insegnano che la responsabilità interiore di un comportamento viene accettata quando si pensa di averlo eseguito per libera scelta, in assenza di forti pressioni dall'esterno. Una grossa ricompensa ( lo stesso vale per una forte minaccia) costituisce una pressione del genere, che può indurre a compiere una certa azione, ma non farcene sentire pienamente responsabili.


Approfondisci l'argomento con I Principi della Persuasione: Impegno e Coerenza

Uomini VS Donne: Perché non ci capiamo?




Uomini e Donne, come guardie e ladri, cani e gatti, in ogni cultura esistono differenze che sembrano insormontabili. Eppure se siamo qui vuol dire che in qualche modo abbiamo trovato il sistema di coesistere. Peccato che funzioni sempre di meno. Ma qual'è il motivo?

Ovviamente alla base ci sono meccanismi biologici da una parte e sociologici dall'altra, ma voglio andare al concreto. Anni fa mi regalarono un libro di John Gray "Gli uomini vengono da Marte, le Donne da Venere". Non il migliore che abbia mai letto, però devo dire che alcuni concetti arrivavano semplici e diretti, senza dover leggere Kg di testi su Sociologia, Psicologia e altro.

E' un libro semplice che a dir la verità presenta solo 2 o 3 concetti, ma effettivamente mi sono ritrovato in qualche modo in quelle generalizzazioni. Non sono riuscito a capire ancora le donne, ma in compenso ho capito meglio me stesso. Voglio condividere i passi fondamentali, risparmiandovi circa 300 pagine di lettura.

Il testo comincia con una metafora: i due sessi vengono da due mondi diversi e ciò comporta 2 importanti elementi:

  • Parliamo due lingue simili, ma diverse.
  • Quindi con le stesse parole vogliamo intendere cose che solo all'apparenza sembrano uguali.

Il punto però fondamentale non è questo, bensì un'altro: Gli Uomini si aspettano che le Donne reagiscano, pensino e affrontino le cose come Uomini. E lo stesso vale per i gentil sesso.

Cerchiamo però di chiarire questo punto.
Il problema nasce all'inizio del rapporto, quando la futura coppia si incontra. Una volta stabilito il contatto, e presupponendo che tutto proceda per il verso giusto, ci si innamora. A questo punto entrambi i cervelli si regolano in maniera diversa, diciamo che abbassano alcuni parametri e ne alzano altri, raggiungendo uno stato di omeostasi, di benessere, diverso da quello che avrebbero di solito.



Ci si sente speciali, come in un mondo perfetto, magico, tutto ci sorride e la nostra metà ci sembra perfetta. Che incredibile fortuna, tra miliardi di persone, in tutto questo vasto mondo, vi siete incontrati. Che Bello, vero? Sembra quasi finto, no.

Non voglio dire che l'amore non sia bello, ma le testate al muro le abbiamo date tutti, infatti con l'esperienza si impara a conoscersi e a capire chi fa per noi e chi no. Ma adesso ci interessa  generalizzare per comprendere il meccanismo, quindi andiamo avanti.

Quello che succede davvero in questo momento è che la natura sta facendo un aggiustamento a quello che altrimenti sarebbe un processo molto più complicato. Se è più facile piacersi, è più facile accoppiarsi e quindi riprodursi. Infatti l'innamoramento è un vantaggio evolutivo, chi fra i nostri antenati si innamorava aveva molte più chance di riprodursi. In pratica trombiamo come ricci, aumentando così le possibilità di sfornare pargoletti.

Quando l'effetto passa, il cervello comincia a ristabilire la normale attività e se la persona non fa al caso nostro ci troveremo a dire cose di questo tipo: " Mamma mia, ma cosa ci trovavo? Ma poi è brutto come la fame, ma come ho fatto?". Bè adesso lo sapete come avete fatto.

Comunque ritorniamo al nostro discorso. Quello che volevo dire è che questa fase iniziale orienta un pò tutta la nostra idea di coppia. Siamo portati a pensare che quella sia la normalità, cioè un idillio continuo, ma ora sappiamo che non è così. E qui iniziano i problemi.

Il problema più comune  in un uomo è che "non ascolta". Come uomo posso dire che è vero. Quando la mia compagna mi parla, comincio ad ascoltarla per un pò, valuto cosa mi dice e cerco di capire il problema. Quando penso di aver capito, offro la mia soluzione.
Quello che succede di solito è che le donne continuano a dire che non ascoltiamo, ma il problema è proprio questo. Gli uomini non capisco cosa devono ascoltare.

Prima di tutto uomini e donne espongono i fatti in maniera completamente diversa. Se per esempio il capo ha diminuito i bonus perché qualcuno se ne è approfittato, le donne cominceranno a raccontare il fatto dall'inizio, ma proprio dall'inizio. Parlerà di come erano vestiti i presenti, perché quella mattina stava rischiando di fare tardi, come è avvenuto il litigio e con questo intendo parola per parola (di solito imitando anche al voce), per poi finire con: "...e cosi ha tolto parte dei bonus..."

Un uomo ha già perso l'orientamento. Se può far piacere alle donne, dirò che effettivamente non siamo in grado di seguire un discorso cosi lungo. Il motivo è nella maniera di comunicare dei maschi che è completamene al rovescio. Un uomo racconterebbe il fatto più o meno così: "il capo ci ha tolto i bonus, perché un tizio ha barato". Fine.

 A questo punto le donne cominceranno a chiedere di spiegarlo meglio, cosa che per un uomo già è stata fatta e comincerà ad andare nel pallone, non capendo cosa succede.

Il problema sta negli schemi mentali totalmente diversi per i sessi. Gli uomini danno importanza all'efficienza, ai risultati. Per questo si mettono alla prova e si cimentano in attività fisiche, da ragazzi, passando sempre più a quelle intellettuali, da adulti.
Tutta la vita di un uomo è focalizzata al raggiungimento di alcuni obiettivi, di "mete culturali". Gli danno valore perché culturalmente sono valutati proprio per questo. Un uomo è soprattutto il lavoro che fa, la posizione che occupa.
Per essere soddisfatto deve raggiungere quegli obiettivi e nessuno può aiutarlo (ecco spiegato perché non riusciamo a chiedere informazioni su strade e simili, ai passanti).

Il fatto che è cosi importante raggiungere i traguardi da soli, rende per gli uomini difficile chiedere aiuto o un consiglio, lo facciamo solo in casi particolari e solo con amici. E' una cosa molto importante per un uomo. Inoltre per i maschietti parlare di un problema equivale a chiedere un consiglio. Ecco perché quando ne abbiamo uno diventiamo silenziosi, taciturni e schivi. Ci rintaniamo nella nostra caverna per risolvere il problema e ne usciremo solo dopo aver sistemato tutto.

La donna è completamente diversa, ha valori diversi. Per loro sono importanti più i rapporti interpersonali. La loro identità si struttura soprattutto tramite la partecipazione e la relazione.
Agli uomini interessa costruire grattacieli, alle donne interessa come ci si vive dentro.

Le donne vogliono rendere partecipi gli altri dei propri sentimenti e delle situazioni che hanno vissuto, per questo dedicano molto tempo ai particolari, per questo sono ottime ascoltatrici. Biologicamente sono programmate per dimostrare attenzione alle necessità e ai sentimenti degli altri (dei piccoli, ndr). Inoltre le donne vivono positivamente le richieste d'aiuto, i consigli, i pareri su come migliorarsi, ecc. Per un uomo sono un affronto grandissimo, per questo tutti i tentativi che le donne fanno per migliorare o cambiare il compagno, sono vissuti dall'uomo come un qualcosa di oltraggioso.

Ovviamente sono solo consigli generali e nessuno può prevedere come e che tipi di relazione avranno due persone, proprio per le infinite particolarità che ci rendono unici.

martedì 29 marzo 2016

Obama e Castro: Comunicazione e Potere


Questa è l'ultima parte della conferenza storica di Obama e Raul Castro.
Ma la parte interessante si trova alla fine. Raul sembra conoscere una tecnica mediatica volta a sottolineare paternità, dominanza, senso di potenza in colui che riceve il gesto.

Nell'interazione interpersonale la gestualità è molto importante, come l'orientamento del corpo e la prossemica. Ma questo non è un trattato di linguaggio del corpo, voglio solo evidenziare come ormai questo tipo di studi sia indispensabile per gestire le relazioni pubbliche, oggi sempre più complesse.

Ci sono particolari gesti e movimenti detti di "dominanza".
Alcuni di essi possono scappare a tutti, come alzare la voce in particolari occasioni, magari quando siamo tesi. Ma sono sempre gesti e movenze tese a suscitare sentimenti di confronto, sono forti segnali che agiscono inconsciamente e biologicamente. Il significato è chiaro per tutti, per questo ci si sente cosi male quando siamo bersaglio di tali gesti, reagendo con collera e malumore.



Un tipico gesto di Dominanza è la pacca sulla spalla dall'alto verso il basso. Chi se ne serve ci dice  chiaramente che tipo di rapporto vuole avere con noi, forse lo fa inconsciamente ed è per questo che è cosi utile conoscerli. Possiamo sapere chi abbiamo di fronte.

In fondo anche l'abbraccio tipico degli innamorati, con il braccio dell'uomo sopra, spesso rappresenta un gesto di dominanza, che in ogni caso non è sempre negativo. E' l'uomo a condurre e proteggere la debole donna. E' un gesto infatti pubblico di proprietà: questa donna è mia, guai a chi la tocca !!




lunedì 28 marzo 2016

Quanto Male c'è in Noi?



Ricordo che anni fa, guardando un video come questo, mi sono arrabbiato molto, me la prendevo con l'ignoranza della gente e non riuscivo a capire come fosse possibile tutto questo.




Se chiedessimo a qualcuno di spiegare il fenomeno ci direbbe che è a causa della società moderna, che ci allontana, oppure che si sono persi certi valori e ci stiamo sempre più isolando.

Il fenomeno oggi è noto come "Bystander Effect" o "Effetto Spettatore", ma prima di studiare la psicologia sociale non ne avevo mai sentito parlare. Invece penso sia doveroso conoscere tutti gli "errori" (BIAS, ndr) in cui la nostra mente può incorrere.

Tutto cominciò il 13 Marzo del 1964, quando Kitty Genovese, fu accoltellata numerose volte nel bel mezzo della strada, davanti a parecchi passanti (per la precisione 38), ma nessuno mosse un dito. L'aggressore ebbe il tempo di violentarla quando era ormai in fin di vita. Il tutto durò ben mezz'ora.
L'opinione pubblica fu a lungo scossa da questo evento, tanto che si parlò per molto tempo di "Effetto Genovese" per descrivere eventi simili.

L'effetto spettatore fu dimostrato in laboratorio per la prima volta da Darley e Latane nel 1968,  che fecero delle ricerche proprio a seguito dell'omicidio di Kitty Genovese.

L'esperimento che eseguirono era molto semplice.
Studenti universitari furono invitati a partecipare ad una ricerca volta a risolvere i problemi degli studenti al college
Gli studenti furono divisi in gruppi, e ogni gruppo aveva un numero variabile di partecipanti.
Ma la cosa importante era che ognuno si trovava in una camera da solo, potendo interagire con gli altri solo con cuffie e microfono.

Ogni partecipante poteva parlare per 2 minuti, nel frattempo gli altri microfoni erano disattivati. In realtà l'unica persona a parlare veramente era l'ignaro studente, le altre erano tutte sessioni pre-registrate. 
L'esperimento prevedeva 5 casi, da un solo partecipante, fino a 6.

Una delle voci pre-registrate era quella di una persona che nel corso del suo primo turno, raccontava di essere un soggetto epilettico, che stava seguendo nuove cure e da circa un anno non aveva ricadute.

L'esperimento vero e proprio iniziava quando, nel corso del 3 turno, il soggetto epilettico inscenava un attacco. 

Se ci chiedessero cosa faremmo se vedessimo un uomo che sta male, noi risponderemmo: "correrei subito in suo aiuto, cercherei di capire cosa succede e chiamerei i soccorsi il più presto possibile". Molto toccante davvero, ma la verità non è questa. La verità è qualcos'altro che non vogliamo dire.
Quindi qual'è la vera questione?  Cosa vogliono scoprire i ricercatori?

La domanda a cui vogliono rispondere è semplice: quanto tempo è necessario ad un soggetto per alzarsi, lasciare la stanza, cercare gli sperimentatori e chiedere aiuto?

E soprattutto in che contesto questo avviene? Sempre? Alcune volte? Mai?

Quando l'esperimento si concluse i dati erano chiari. La quasi totalità degli studenti era accorsa a chiedere aiuto, avvertendo lo staff. Ma il tempo che occorreva perché ciò accadesse aumentava drasticamente all'aumentare delle persone che il soggetto credesse ci fossero al colloquio. Fino a volerci parecchi minuti. 
Nella realtà il ragazzo epilettico sarebbe morto. 

L'esperimento è stato ripetuto innumerevoli volte nel corso degli anni ed è forse uno dei più sorprendenti riguardo al tema della criminalità e della responsabilità insieme a quello di Milgram e di Zimbardo (di cui parlerò in post futuri).

In parole povere, quando lo studente era in una conversazione uno ad uno, cioè lui ed il ragazzo epilettico, il soccorso arrivava subito. Ma se c'erano altre persone la cosa era molto differente. 
Darley e Latane scoprirono il "Bystanders Effect", un errore di valutazione, un bias terrificante. In pratica la responsabilità tende ad essere diluita, rateizzata, fra chi è presente ad un dato evento.

Quindi la prossima volta che vi servirà aiuto, sappiate che se ci sono molte persone, probabilmente nessuno arriverà in vostro soccorso. Un rimedio è quello di indicare una persona in particolare, chiamandolo, non so, tipo: "Ehi tu con la giacca blu, vieni qui e chiama qualcuno". In questo modo la responsabilità non potrà essere diluita tra gli spettatori. 


sabato 26 marzo 2016

I Principi della Persuasione: Impegno e Coerenza




I concetti di Impegno e Coerenza sono da tempo oggetto di analisi da parte della psicologia e della psicologia sociale. Non voglio ora analizzare perché abbiano valori cosi positivi per noi nella valutazione di persone, oggetti e situazioni, ma voglio concentrarmi sull'esposizione di Cialdini.
Lo psicologo Statunitense li presenta come principi utilizzabili al fine di persuadere l'altro.

Due psicologi canadesi hanno condotto una ricerca nei luoghi del gioco d'azzardo, in particolare negli ippodromi. Sebbene la ricerca fosse orientata a scoprire altri fattori, hanno messo in luce un curioso comportamento: "gli scommettitori sono molto più fiduciosi nelle possibilità di vittoria appena fatta la puntata”.

Ironicamente, appena ritiravano lo scontrino, percepivano le loro di vittoria di molto superiori.
Oltretutto più avevano perso e più questa sensazione diventava forte.

Il motivo è molto semplice e sta alla base del nostro bisogno di essere e apparire coerenti con quello che abbiamo già fatto. Più impegno avremmo messo e più sarà nostra cura perseguire il nostro obiettivo anche se sbagliato.

Una volta che prendiamo una posizione, specialmente se pubblica, andiamo incontro a tutta una serie di pressioni che ci costringono ad agire spesso al contrario di come vorremmo. La maggior parte delle volte nel nostro sforzo di apparire coerenti ci uniformiamo a stereotipi sociali che sappiamo accettati, ci giustifichiamo attraverso convenzioni e cosi facendo ci convinciamo sempre di più di avere fatto la scelta giusta. Spesso tornare indietro è impossibile.



Perché le donne non lasciano i compagni che le maltrattano?
Nel suo testo Cialdini usa un esempio molto interessante per farci capire la drammaticità di questo errore, di questo bias cognitivo.

Ci racconta di due ragazzi innamorati, che si conoscono nel posto di lavoro e che dopo qualche tempo vanno a convivere. 
Fin qui nulla di strano, come nulla di strano è che uno dei due senta il bisogno di fare ulteriori passi e informare l'altro dei desideri che ha. 
In questo caso è la ragazza che volendosi sposare, avere dei figli, eccetera, vuole che anche il compagno si impegni per questo. Ma lui non solo non vuole sposarsi, ma ha problemi di alcolismo, ancora non troppo marcati, ma comunque sufficienti per preoccuparsi. Il fatto importante è che considera l'alcolismo come un problema del tutto momentaneo. Cosi lei decide di lasciarlo.

Il fato vuole che in quel momento una vecchia fiamma della ragazza si ripresenti dopo anni, le chieda di uscire e che nasca tra i due di nuovo un sentimento di "simpatia".

Quando la notizia arriva al vecchio ragazzo, lui si rifà sotto, promette di smettere di bere e di sposarla al più presto.
Lei pian piano si convince e si rimette con l'ex. 

All'inizio tutto va per il verso giusto, ma dopo poco tempo lui ricomincia a bere e i progetti di matrimonio vengono sempre più posticipati, fino a che lui le confida che in fondo tutta questa fretta di sposarsi non c'è e che un paio di bicchieri la sera non hanno mai ucciso nessuno.

Vi chiedere te se lei lo ha lasciato di nuovo? Cosa è successo dopo?
Assolutamente niente....anzi la scelta di tornare con l'ex ha cementato più che mai il suo amore verso il suo compagno.
Oramai si era impegnata troppo in quella relazione, aveva persino compiuto una scelta difficile. Il costo psicologico sarebbe stato troppo grande.

Anche se l'argomento è delicato e l'esempio riguarda un caso tranquillo, questo spiega in parte come mai molte donne rimangono con partner problematici invece di lasciarli.


Ma la tendenza a mantenersi coerenti è davvero abbastanza forte da spingerci a fare quello che normalmente non faremmo?

Seconda la teoria della Dissonanza Cognitiva  gli individui sono maggiormente propensi ad esporsi a quei messaggi che "riducono" la possibilità di fare/pensare qualcosa di troppo diverso da quello in cui già credono/pensano. 

In parole povere noi riduciamo le possibili discrepanze tra il comportamento effettivo e ciò in cui crediamo.
Questa teoria mostra tutto il suo potenziale quando non abbiamo alternative. In questo caso la nostra unica scelta è cambiare il nostro atteggiamento iniziale.



Facciamo un esempio preso da un famoso esperimento sul tema:
A degli studenti dell'università si propose un compito molto noioso, cosi noioso da non avere dubbi sul fatto che tutti, ma proprio tutti, avrebbero avuto un atteggiamento negativo. In segreto alcuni studenti vennero pagati per eseguire il compito. Ad alcuni vennero dati 50€, ad altri 1€ per mentire sulla prova, dicendo che era davvero interessante.

Misurando dopo l'atteggiamento verso il compito degli studenti pagati, chi aveva cambiato idea?

Al contrario di quanto si possa pensare, chi veramente aveva cambiato idea non erano gli studenti pagati 50€, ma bensì chi aveva ricevuto solo 1€. Come mai?
Sapendo di aver mentito e non potendo cambiare il passato e visto che 1€ non offriva una giustificazione sufficiente, l'unico modo per ristabilire l'equilibrio era cambiare atteggiamento.

Quindi il punto è che noi cerchiamo di mantenere uno stato di equilibrio tra quello che facciamo e quello che pensiamo, ma quando questo non è possibile, per esempio quando abbiamo già fatto qualcosa, l'unica scappatoia mentale è cambiare atteggiamento. Come nel casa degli studenti che avendo ormai mentito e non avendo giustificazioni razionali per ciò che avevano detto, l'unico modo per mantenere l'equilibrio mentale e rimanere coerenti, era convincersi di ciò che avevano detto. La cosa assurda è che questo meccanismo è automatico ed inconscio.

Per capire come mai questa motivazione è così forte, bisogna rendersi conto che l'incoerenza normalmente è considerata un tratto di personalità negativo. Le persone che parlano, pensano e agiscono in maniera contraddittoria sono giudicate in maniera negativa. 


Vuoi sapere come usare questo principio? 
Leggi Persuasione: Come Utilizzare il principio di impegno e Coerenza

giovedì 24 marzo 2016

Perchè Comunichiamo



Perché comunichiamo? Come è nata la Comunicazione? Perché ci piace tanto?

Sono solo alcune domande del tutto legittime che potremo porci, ma il punto è un altro, se l'uomo è un animale sociale, frase che abbiamo sentito milioni di volte, sappiamo perché e come è nata questa predisposizione?

Arriva in nostro aiuto Micheal Tomasello è la sua “Le origini della comunicazione Umana”, che prova a spiegarci questa particolarità tutta umana, ma per capirlo a fondo dobbiamo iniziare dalla vera prima forma di interazione, i gesti.
La sua ipotesi evoluzionistica è che le prime forme le prime forme umane di comunicazione sono l'additare e il mimare. In particolare il gesto dell'indicare (gesto ostensivo).

Il gesto ostensivo, che a prima vista può sembrare banale, rappresenta una grandissima fonte di informazioni poiché può assumere molti significati.
Infatti per capirlo dobbiamo condividere una qualche forma di esperienza passata con l'individuo che lo fa.
Facciamo un esempio: Io e Marco dobbiamo arrivare a casa di un nostro amico prima di lui, per il suo compleanno a sorpresa, ma una volta sotto casa del festeggiato lo vediamo arrivare in lontananza. Cosi io lo indico ed entrambi, senza dirci nulla, cominciamo a correre verso il portone, cercando di non farci vedere.

Da questo esempio capiamo che è necessario un terreno concettuale comune. La comunicazione umana come attività cooperativa, funziona se esistono due variabili:
1. un terreno concettuale comune, appunto.
2. motivazioni condivise

Quindi possiamo dire che la comunicazione nasce dalla Cooperazione umana. Essa è unica nel regno animale, e dal semplice esempio possiamo capire come si sia formata dall'intenzionalità condivisa, cioè l'intenzione di impegnarsi in attività cooperative.

Come si è evoluta la comunicazione umana?
E' parte di un generale processo di adattamentoPrima si è sviluppata la comunicazione gestuale e poi quella linguistica. Il testo menziona tre ipotesi specifiche :
  1. la comunicazione cooperativa è apparsa nel corso dell'evoluzione con i gesti dell'indicare e del mimare
  2. la comunicazione cooperativa ha come base l'intenzionalità condivisa, che ha avuto origine come sostegno per la collaborazione tra persone.
  3. la comunicazione linguistica è possibile solo quando si ha un registro comune di gesti, abilità di apprendimento e imitazione.


Nel mondo biologico, invece, la comunicazione non è intenzionale e cooperativa, e non tiene conto se il segnalante abbia un controllo intenzionale sul segnale. I segni gestuali degli animali sono suddivisi in gesti fissati geneticamente, usati in attività sociali urgenti, e gesti appresi e flessibili, usati in attività sociali poco urgenti (questi sono segnali solo intenzionali).

Anche Darwin si interessò a come comunicavano i primati, dividendo il loro gesti in:
  1. Movimenti di intenzione= gesti ritualizzati (per esempio i piccoli fanno il gesto tocca-schiena che segnala alla madre che vuole arrampicarsi su di lei).
  2. Richiami dell'attenzione= servono per attirare l'attenzione del ricevente, vengono appresi.


A questo punto abbiamo capito che la comunicazione è nata perché favoriva la cooperazione, infatti tutti gli animali, per esempio, hanno segnali che comunicano l'arrivo di un predatore. La comunicazione cooperativa umana all'inizio era quindi un comportamento adattivo, favorendo la sopravvivenza del gruppo, aumentavano le probabilità di sopravvivere come individui, in pratica gli individui aiutavano se stessi aiutando al contempo gli altri.

La comunicazione cooperativa ha 3 motivi di fondo per Tomasello:
  1. Reciprocità, ossia la condiscendenza alle richieste altrui
  2. Reciprocità indiretta, offerta di aiuto
  3. Condivisione di emozioni


Da questo potremo parlare ancora di reciprocità, fino ad arrivare alla tendenza umana a voler essere simili agli altri membri del gruppo ed essere benvoluti da loro, ma lo faremo in seguito.

Vorrei concludere con un esempio che ci fa capire come il passaggio dalla comunicazione gestuale a vocale non è stato un processo rapido, la comunicazione si è evoluta lentamente.

Quando visitiamo un paese straniero con una lingua molto diversa dalla nostra, ovviamente nessuno ci capirà, poiché le lingue si sono evolute in maniera diversa attraverso i secoli. 
Ma possiamo fare un sacco di cose ricorrendo a semplici gesti comunicativi, specialmente se vogliamo usarli in attività collaborative. Questa è la diretta prova che molti dei gesti umani più semplici (non tutti) hanno un terreno concettuale comune solido


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