mercoledì 11 maggio 2016

Come i colori influenzano gli Acquisti



I colori ci influenzano molto di più di quello che crediamo, possono essere dei potenti alleati, basta saperli utilizzare con intelligenza, visto che orientano in maniera considerevole i nostri acquisti.

Basti pensare che per il 93% delle persone l'aspetto visivo è il fattore determinante quando si trovano di fronte a prodotti simili. Ovviamente non lo ammetteranno mai, ma i moderni test parlano chiaro.

I colori ci orientano e ci semplificano le scelte, con il loro aiuto prendere una decisione è molto più facile. Pensiamo infatti a prodotti per maschi e per femmine, dovremmo scrivere a chi è rivolto, sulla confezione, ma lo leggerebbero tutti? Forse la maggior parte delle persone non se ne accorgerebbe.
Ma basta metterci un tocco di azzurro o di rosa, ed è tutto più chiaro.

Ma i colori ci dicono se un prodotto è per le nostre tasche oppure no, se è un prodotto tradizionale oppure no, se utilizza particolari materiali (per esempio è eco o bio) oppure altri.
Sicuramente ci influenzano anche altri fattori, per esempio il passaparola è uno strumento potentissimo, mentre nel web il 42% dei navigatori basano la propria opinione di un sito solo guardando il suo design e il 52% dei navigatori abbandona un sito, per non farvi più ritorno, proprio a causa dell’aspetto globale.

Per esempio negli ecommerce diventa importantissimo non utilizzare colori che appesantiscano l'esperienza degli utenti, ma che ci facciano distinguere i prodotti in maniera chiara (soprattutto se sono molti).


I colori giusti

Non esistono colori giusti e sbagliati. Dipenda tutto dal contesto, dal tipo di prodotto, dal tipo di target che vogliamo acchiappare, ma soprattutto dai concetti e valori che voliamo trasmettere a chi ci vedrà.

Il mondo dei colori è veramente vasto, una piccola sfumatura potrebbe essere la nostra arma vincente o al contrario potrebbe rovinarci. In nostro aiuto arrivano alcuni strumenti, come Color scheme designer, che permette di verificare i vari abbinamenti

Gli abbinamenti cromatici sono la cosa che ci colpisce per primo, ci fa capire dove siamo e se ci troviamo nel posto giusto. Dobbiamo quindi evitare alcuni accostamenti, vediamo quali:

Blu e Marrone
Rosso e blu
Verde e Rosso
Rosa (in tutte le sfumaturre, dal pastello al viola) e verde
Rosa (in tutte le scale) e marrone
Blu e verde

Viceversa, alcuni abbinamenti di colore adatti e di successo sono :
Rosso e bianco
Rosa e nero
Blu e arancione
Marrone e beige
Marrone e oro
Viola e argento
Grigio e verde

Ovviamente i colori non sono universali (ne parlo qui: Brand e Colori: L'uso dei colori), paesi e culture diverse vedono i colori in maniera diversa. Pensate che solo la lingua incide per un 50% nel significato di un colore.


I Colori nel Mercato Occidentale

Giallo: è il colore dell'ottimismo e della giovinezza. Nel senso che attira i giovani, infatti questo colore perde di appeal pian piano che cresciamo. Il giallo è molto utile se vogliamo attirare l'attenzione, è un colore che spezza molto la monotonia quotidiana, proprio perché utilizzato molto poco.

Rosso: usare il rosso è un acceleratore, più è forte la gradazione è più si spinge su un certo significato. Ricordate che in ogni sua accezione non ha mezzi termini, tanto che è capace di aumentare la frequenza cardiaca. Il rosso è energia, urgenza, rappresenta l'estremo, è il più colore dei colori.

Blu: Crea sensazioni di fiducia e sicurezza, per questo è molto utilizzato nei loghi aziendali che vogliono trasmettere stabilità (assicurazioni per esempio).

Arancio; è un colore molto vivace e aggressivo, potente strumento per le call-to-action: compra, iscriviti, prova, clicca qui, ecc.

Rosa: è utilizzato come colore per le donne e le ragazze in particolare. Richiama quindi il mondo femminile ma con una accezione di giovinezza.

Nero: Potenza ed eleganza, ma anche tristezza e vuoto. Usatelo con cautela a seconda del contesto. Per il mercato è sinonimo di lusso.


Tools
Per capire come puoi abbinare i colori dei tupi progetti ti consiglio Paletton.

Per un approfondimento completo sull'argomento vi segnalo il sito colormatters.com, veramente pieno di contenuti e sempre aggiornato con le ultimissime ricerche.

Un altro sito molto interessante per capire come utilizzare i colori e poterli abbinare efficacemente è www.avangate.com, in particolare questo link.

giovedì 5 maggio 2016

StoryTelling e Product Placement




Il Product Placement funziona davvero? Cioè, davvero basta mettere un prodotto in un film, in una serie di tv o in un programma, per aumentare considerevolmente le vendite?

Questo tipo di strategia è usata fin dal 1932, anche i fratelli Lumiere fecero comparire varie volte il sapone della Lever nelle loro brevi pellicole. Dopotutto le Soap Opera si chiamano cosi proprio per la pubblicità dei saponi che permeava queste produzioni.

All'inizio questa strategia ha funzionato benissimo,  tant'è che è stata replicata numerosissime volte: pensate alle caramelle della Hershey che registrarono un boom di vendite dopo l'uscita di E.T: l'extra terrestre di Spielberg, oppure al successo dei Ray-Ban dopo che Tom Cruise le usò in Risky Business.

Potrei fare molti altri esempi, da Men In Black a tutti i film di James Bond, ma la domanda rimarrebbe la stessa: funzionano ancora?

Partiamo dall'assunto base che una marca o un prodotto può aumentare le sue vendite se, prima di tutto, le persone la conoscono vedendola in TV. Questo è il concetto dietro al product placement (che si basa sulla teoria della Mera Esposizione).

Una ricerca di Lindstrom arriva in nostro aiuto: egli voleva proprio misurare se gli spettatori di American Idol ricordavano quali marche avevano visto durante la trasmissione, visto che la Coca-Cola spendeva milioni  per posizionare il proprio logo ovunque all'interno del programma.

Preciso che nel corso degli anni il marketing, e le recentissime ricerche di in neuromarketing, hanno scoperto che il ricordo di un prodotto  è la misura più affidabile dell'efficacia di una pubblicità (soprattutto è l'atteggiamento più vicino a ciò che porta al comportamento d'acquisto).


I Risultati
Nel programma appaiono tre principali sponsor: Ford, Coca-Cola e Cingular Wireless. Le persone non sembravano ricordare una marca più di un'altra prima dell'inizio del programma.

Man la mano che il programma proseguiva però La Coca-Cola era molto più ricordata della Cingular Wirelsss e ancor di più della Ford. Addirittura, nei test dopo il programma, si è scoperto che, dopo aver visto le trasmissioni, i soggetti ricordavano meno la marca Ford di quanto non fosse prima di iniziare a vedere la trasmissione.

Come mai la Coca-Cola aveva tanto successo?
Per dirlo dobbiamo analizzare come le tre Marche avevano inserito i loro prodotti all'interno  del programma: la Coca-Cola aveva posizionato per ogni giudice, una tazza con il logo ben visibile stampato sopra, da cui le star bevevano ripetutamente. Gli arredi dello studio richiamavano la forma delle bottiglie ed erano colorate del tipico rosso Coca-Cola.

Le altre due marche, invece, avevano fatto mandare in onda dei tradizionali spot pubblicitari, che addirittura, essendo monografici (cioè avevano uno spazio riservato), avrebbero dovuto attirare di più l'attenzione del pubblico.


Narrazione
Il segreto del successo della Coca-Cola è che era pienamente integrata nella narrazione del programma. Quello che la ricerca ci dice è che non ricordiamo le marche che non svolgono una parte, un ruolo nella storia di un programma.
La Coca-Cola era legata ai sogni, le aspettative, alla suspance prima di ogni giudizio, quelle pareti color rosso facevano da sfondo ai cantanti, con gli occhi pieni di paura che aspettavano di sapere se avrebbero passato il turno oppure no.
Si era così prodotta una potente associazione tra le emozioni e la bibita.

In maniera minore, la Cingular Wirelss (azienda telefonica) è lo strumento attraverso cui i concorrenti vengono giudicati dal pubblico a casa, quindi in qualche modo ha un ruolo archetipico nella narrazione. La Ford invece no, il suo era rimasto un prodotto come gli altri, estraneo. Anzi, interrompeva la narrazione, la disturbava con i suoi spot.


Conclusioni
I prodotti che diventano parte integrante della narrazione non solo penetrano efficacemente nella nostra memoria, ma attavano un effetto bidirezionale: non solo aumentano di intensità il nostro ricordo, ma in effetti indeboliscono la nostra capacità di ricordare le altre Marche.

Quindi per fare in modo che il product placement funzioni, bisogna che abbia un senso all'interrno della narrazione.


Per capire ancor meglio il perché di questo effetto, potete leggere il ruolo dei Neuroni Specchio e la loro funzione.

lunedì 2 maggio 2016

Violenza e Pubblicità


La violenza ed il sangue hanno sempre attirato l'attenzione del pubblico. In qualche modo tutto ciò che è estremo, che tende a raggiungere il limite, ci affascina. Ma questo, la nostra società, lo ha ereditato da quelle precedenti. In fondo sacrifici, esecuzioni, giochi e guerre non sono certo una novità.

Ma con i moderni media questo effetto è diverso? Può in qualche modo un film aumentare la nostra voglia di sangue?
In fondo la mia domanda è semplice: Possiamo diventare più violenti attraverso i media?

In nostro aiuto arrivano diversi studi sulla memorizzazione della pubblicità:
Un  certo Buschman ha coinvolto centinaia di persone e li ha divisi in due gruppi: il primo sarebbe stato esposto  ad estratti di film violenti, il secondo ad estratti non violenti.
La ricerca prendeva come misurazione gli indicatori fisiologici più importanti: pressione arteriosa, ritmo cardiaco, sudorazione, eccetera. Ovviamente ad ognuno dei candidati era stato preso un pretest, con tutti i suoi valori standard.

Nel mezzo di questi segmenti di film erano inserite delle pubblicità. I risultati sono stati sconvolgenti: un film violento porta ad un ricordo peggiore del messaggio pubblicitario, delle informazioni sui prodotti e del nome della marca.

Ciò che possiamo concludere è che la memorizzazione di una pubblicità non è strettamente legata alla proprietà della pubblicità. ma è soprattutto all'ambiente e gli eventi nella quale è inserita e che precedono o susseguono questa esposizione, che favoriscono il ricorso o meno.

Uno dei contesti in cui oggi siamo esposti maggiormente alla pubblicità è Internet. gli studi al riguardo dimostrano che anche per quanto riguarda la rete, il nostro cervello sta attivando i "processi di selettività".
Nuove ricerche sarebbero da condurre sul contesto e sugli eventi che circondano il messaggio, poiché si può scoprire quali sono le condizioni che rafforzano il ricordo.

Una curiosità: cliccate qui" genera una migliore memorizzazione dell'informazione contenuta nella pubblicità


Per chi volesse approfondire l'argomento, consiglio di cercare i Paid Fund Studies

sabato 30 aprile 2016

Come Creare un messaggio perfetto



Un messaggio pubblicitario efficace deve avere caratteristiche appropriate per il target che vuole attrarre. Fondamenti come questi sono alla base delle modalità di costruzione di un messaggio pubblicitario, che questo poi vada in tv, su un depliant oppure sia parte di una strategia dal venditore, è uguale.

Il punto focale è: richiama ed evoca quelle immagini che sono più vicine al tuo pubblico, o meglio, a quello che vuoi colpire.

Proprio sul concetto di colpire voglio soffermarmi. È un concetto tratto dal contesto militare, perché il pubblico viene visto come una preda da cercare, colpire, abbattere.

Negli ultimi decenni molto si è fatto a riguardo, infatti si è passati da un'idea di consumatore inerte, immobile, ad uno capace di rispondere, di costruire, di interagire con il prodotto.

Voglio farvi una domanda: e se ci fosse dell'altro? Veramente questi messaggi sono efficaci?

Per misurare l'efficacia di un messaggio pubblicitario, e della persuasione in generale, si guarda alla memorizzazione, cioè quanto questo messaggio è ricordato. In pratica si guarda se ritorna alla memoria qualora richiamato e in quanto tempo.

Quindi, più una pubblicità viene memorizzata, più è efficace.

A questo proposito voglio raccontarvi la ricerca di un certo Buschman (1998), che voleva misurare quanto una pubblicità fosse memorizzata, a seconda del film che lo precedeva.

Come al solito andrò subito ai risultati: il contesto di ricerca prevedeva un film violento ed uno neutro (i cui contenuti non potevano essere considerati né violenti, né romantici, ne ironici, eccetera, presumibilmente un filmaccio insomma).

Quello che venne fuori fu un'enorme differenza statistica fra le condizioni rilevate: un film violento porta a un ricordo peggiore del messaggio pubblicitario, delle informazioni su prodotti e del nome della marca (spesso inoltre carica il prodotto di valenze e di valori propri del film che lo precede).

Il fatto incredibile però è un altro: la memorizzazione di una pubblicità non è solo legata alle proprietà della pubblicità, del messaggio, o di quanto è efficace, ma soprattutto dall'ambiente in cui è inserita e dagli eventi che precedono questa esposizione.

Altre ricerche hanno misurato lo stesso effetto su Internet. Il contesto quindi sembra ciò che maggiormente orienta la memorizzazione di un messaggio pubblicitario.

Curiosità: nella rete "cliccate qui" genera una maggiore memorizzazione dell'informazione contenuta nella pubblicità.

mercoledì 27 aprile 2016

Persuasione: cos'è la Mera Esposizione


La ripetizione di un messaggio è sufficiente a cambiare il nostro comportamento. La banalità di questa affermazione può sconvolgere.

Come al solito sarò breve e conciso e cercherò di spiegare una delle ricette più usate e poco capite che ci siano.

Andiamo con ordine.

Prima di tutto dobbiamo capire che parliamo della semplice esposizione, cioè della ripetizione di un qualcosa alla nostra attenzione.

Siamo in una società sovraccarica di stimoli, di informazioni, di notizie che oramai non ci stupiamo più di nulla. Hopkins parlava di Information Overload.

Possiamo anche dire che la troppa informazione produce un effetto inverso, e forse è vero. Ma la mia riflessione va oltre, mette in gioco un assunto, un concetto dato per scontato. Noi siamo liberi.

Non voglio allarmavi, ma procediamo insieme.

Riflettiamo sul semplice fatto che di essere "esposti" è sufficiente a cambiare il giudizio delle persone. Banale ed incredibile allo stesso tempo. Pensateci bene, anche il solo giudizio degli altri ci fa cambiare idea e comportamento, anche questa è persuasione, ma non c'è quella intenzionalità propria dei messaggi pubblicitari (palesi o non) e propagandistici.

Andiamo però ai dati scientifici.

Un certo Grandall, nel 1985, fece un particolare esperimento. Per 29 giorni mise una torta a disposizione dei lavoratori di una fabbrica in quantità veramente abbondanti fin da subito.

La torta in questione non era una di quelle classiche, a cui siamo abituati, ma una particolarmente ricercata, dal gusto appunto "particolare".

Nella mensa della fabbrica erano comunque presenti altri dolci, frutta, e tutto il resto, ma questi cambiavano a ritmi casuali, mentre la torta era li, ogni giorno.

Giorno dopo giorno il consumo medio della torta crebbe, fino a che la torta non bastò più per tutti. La torta dal gusto particolarmente ricercato piaceva sempre di più. L'apprezzamento dell'alimento era quindi correlato alla frequenza della sua esposizione?

Pensate ai nostri giudizi, alle nostre opinioni. Quanto più una posizione è esposta, tanto più ci influenza nella formulazione delle nostre idee.

Il primo a scoprire questo effetto è stato Zajonc, uno psicologo sociale, nel 1968.

Zajonc fece molti test, poi ripetuti da molti altri, ma voglio ricordare quelli di Bornstein, i cui risultati mi colpirono molto.

Bornstein descrisse alcune caratteristiche stabili del fenomeno della mera esposione:
  • Caratteristiche dello stimolo: c'è uno spostamento verso il polo positivo all'aumento della frequenza di esposizione in tutti i casi, tranne che con i disegni. Per cui sembra ci voglia molto più tempo. Inoltre l'effetto è stranamente più forte con stimoli complessi e non con quelli più semplici.
  • Presentazione degli stimoli: l'aumento del consenso è si in relazione al numero di esposizioni, ma non in maniera lineare. Infatti dopo un certo numero gli atteggiamenti mutano in maniera sempre più moderata, fino a bloccarsi. In alcuni casi ci sono effetti boomerang, gli atteggiamenti invertono la loro strada. Questo effetto è particolarmente legato alla noia (per esempio una canzone ci piace di più tanto più l'ascoltiamo, poi però potrebbe cosi stufarci da odiarla). Inoltre ci sono gli effetti inconsci: esposizioni inferiori ad un secondo provocano effetti più forti che esposizioni più lunghe. Stimoli non riconosciuti, cioè non consapevoli, hanno risultati più forti.
  • Misurazione delle Variabili: gli effetti sono molto più chiari non subito dopo l'esposizione. Gli effetti più chiari si hanno dopo 2 settimane.
  • Variabili individuali: non ci sono effetti particolari per età, sesso, istruzione, ecc. Un maggiore effetto si riscontra invece in chi ha bisogno di approvazione, ricerca di sensazioni, ansia manifesta e piacere per l'ambiguità. In generale i bambini mostrano un effetto contrario, più aumentano le esposizioni, più gli atteggiamenti risultano negativi.

Zajonc spiegò questo effetto cosi universale con un effetto dell'evoluzione. Una "reazione alla paura".

Qui entra in gioco la psicologia evolutiva.

Abbiamo, cioè, reazioni ansiogene per stimoli nuovi. Il nostro cervello sarebbe fatto per "l'abitudine". Ciò che è conosciuto ha meno probabilità di danneggiarci.

Quindi, per evitare danni che un nuovo stimolo potrebbe provocare, la nostra mente rende più piacevole ciò a cui siamo stati già esposti. Semplice.

sabato 23 aprile 2016

Priming Semantico: come ottenere ciò che vogliamo


Una foto non è solo una immagine, evoca sensazioni e parole, sentimenti e ricordi, e questi ci cambiano mentre la guardiamo, soprattutto nell'immediato.

Per esempio l'immagine che state guardando, senza rendervene conto, vi ha reso più indecisi, e per esempio, più inclini a prendere in considerazione idee che ritenete contrarie.

Ma è davvero possibile?

Parte di questo effetto è dato dal "giro fusiforme", la parte del cervello che riconosce i volti, che trasforma le parole in immagini e viceversa.

Anche le informazioni uditive stimolano lo stesso effetto, ma in maniera minore e in diverso modo, d'altronde siamo animali visivi e questo lo conferma la gran parte che il cervello dedica alla vista.

Mi spiego meglio con un banale esempio preso proprio da una ricerca italiana:
Quando un bambino impara cos'è un "coltello", la sua forma sonora viene immagazzinata nella corteccia temporo/parietale posteriore (in pratica sopra le orecchie).
Ma non immagazzina solo questa informazione, cioè l'associazione fra l'oggetto e la parola, ma memorizza anche che è lungo, affilato, lucente, freddo, appuntito, ecc. E queste non vengono immagazzinati nello stesso posto, ma nella corteccia somato/sensoriale, cioè quella che apprende quando si tocca e si guarda qualcosa.
Ma non è tutto. 
Il bambino impara che solo gli adulti lo possono maneggiare, che è pericoloso e può procurare delle ferite (questa è una valenza emotiva o emotigena, e sviluppa dei marcatori somatici che fanno rifermento all'amigdala, colei che processa anche le informazioni della paura e le memorizza attraverso le emozioni).
Perché è importante?
Quando, per esempio, da grandi impariamo lo stesso termine in inglese (coltello = knife), non avviene lo stesso processo, ma la conoscenza corrisponderà solo all'acquisizione di un'informazione di tipo fonetico (cioè uditivo) ed ortografico (cioè grafico), e non coinvolgerà in nessun modo le varie parti della memoria, neppure in modo indiretto. 
Questo è dovuto al fatto che dopo i 5 anni di vita l'apprendimento della lingua nativa si verifica contemporaneamente all'acquisizione delle conoscenze concettuali, normative, delle esperienze corporee e sensoriali, come dei processi sociali.





Tutto questo che vi ho detto serviva a parlarvi di qualcosa di ancora più sconcertante: il priming.

L'idea di base è che certe informazioni, che sono chiaramente percepibili, solo per il fatto che vengono elaborate dalla nostra mente fanno sì che ci sia una sorta di preparazione cognitiva. Questa preparazione può portare più facilmente a certe decisioni o comportamenti.

Mi spiego meglio.

Certe informazioni iniziali, per esempio una parola, un'immagine o un suono, quando vengono presentate ad un individuo, influenzano il suo comportamento solo per il fatto che la sua mente le sta elaborando.

La cosa sconcertante è che siamo totalmente inconsapevoli del legame che si stabilisce fra l'informazione preliminare (prime) e il suo giudizio o comportamento successivo.

Ovviamente anche il fatto di non essere consapevoli del legame che esiste tra questi due fenomeni è una distorsione cognitiva, che fa parte dell'elaborazione dell'informazione della nostra mente, e che può essere sfruttata per ottenere da noi un certo tipo di giudizio o di comportamento.

Facciamo un esempio.

Cosa pensereste se vi dicessi che sono capace di cambiare la velocità di camminata di chiunque, solo facendo riordinare delle frasi con parole casuali?

Sembra incredibile, ma è successo veramente.

Questo è l'effetto di una ricerca (Bargh, Chen, Burrows; 1996) che fece ricostruire alcune sequenze di parole casuali a due gruppi di studio. Entrambi avevano parole messe in disordine (mare/è/il/ calmo/ molto), il primo di esso aveva parole totalmente casuali, mentre il secondo in ogni frase ce n'era una che rimandava al concetto di vecchiaia (solo, dipendente, vecchio, prudente e così via).

Terminato il compito, quando gli individui andavano via, veniva misurato il tempo di percorrimento  dalla porta dello studio fino all'uscita dello stabile (erano circa 200m, dopo di che l'effetto tendeva a diminuire rapidamente, fino a scomparire).

Il gruppo degli individui attivati con parole che evocavano la vecchiaia, percorreva la stessa distanza tre volte più lentamente rispetto all'altro gruppo.

Altre ricerche svolte con questo metodo dimostrarono che si poteva innescare negli individui giudizi che tendevano più alla calma, alla riconciliazione dei conflitti, alla moderazione, ecc.

Ma non finisce qui.

Altre ricerche hanno mostrato lo stesso effetto su altri comportamenti più sociali.

Per esempio le persone attivate con parole che evocavano maleducazione e quelle attivate con parole relative alla gentilezza, tendevano sensibilmente più degli altri a manifestare comportamenti attigui.

Si potrebbe dire che il difetto di queste ricerche è essere state fatte in laboratorio, che forse sarebbe difficile influenzare il comportamento o gli atteggiamenti delle persone in contesti naturali.




Ma altre ricerche hanno verificato che per esempio alcune lettere possono guidare pesantemente i nostri acquisti.

Per essere precisi, sono quelle del nostro nome.

Era già noto da tempo che le lettere che compongono il nostro nome sono quelle che preferiamo dell'alfabeto, anche se spesso non ce ne rendiamo conto, ma queste ricerche mostrano che arriviamo a preferire un prodotto il cui nome contiene queste lettere.

Se quindi dovete inventare il nome di una nuova marca di caramelle, questo potrebbe essere un nome anche senza senso, ma se contenesse le lettere del nome più comune in un certo paese, sarebbe meglio.

E questo è importante per chi fa marketing o comunicazione.

Ma funziona anche in politica?

Si può influenzare anche il voto. Sono state fatte ricerche nella campagna elettorale presidenziale americana di Ronald Regan, attraverso domande che non avevano alcun nesso con il voto.

Cosa possiamo portarci a casa da tutto questo?

Il concetto della mente che elabora come un computer è errato, non è più in grado di spiegare in maniera adeguata il funzionamento del nostro cervello.

Queste ricerche mostrano che ci sono elementi che vengono conservati e attivati in un secondo momento tramite degli inneschi, a volte casuali e a volte no. Questi inneschi ci influenzano in ciò che facciamo successivamente.

Non siamo computer, non elaboriamo le informazioni indipendentemente dal contesto e non siamo insensibili allo stato delle nostre emozioni interne.

Chi opera nel marketing può trarre una lezione, cioè che gli elementi apparentemente casuali o addirittura incongrui, possono essere utilizzati per modificare atteggiamenti, giudizi e comportamenti del consumatore

mercoledì 20 aprile 2016

Brand e Colori: Viola, Arancione, Rosa e Marrone


I colori influenzano le nostre azioni e persino le nostre emozioni, e quindi di conseguenza, le nostre emozioni.

Quanto?

La società più diventa complessa e più complesse diventano i modi di descriverla, le parole da usare, i simboli che la rappresentano e i colori che la raccontano.

Ora vi parlerò dei semi-colori: il viola, l'arancione, il rosa, il marrone ed il grigio.

Tolto l'ultimo che ha una storia particolare, gli altri vengono nominati a partire da oggetti del mondo vegetale: la violetta, l'arancia, la rosa, la castagna.

Andiamo a vederli insieme.


Il Viola
Il viola nasce quando c'è bisogno di una variazione del nero, per questo indica un semi-lutto, di una fine che sta per giungere, ma non ancora giunta. E' cosi divenuto il colore della vecchiaia, in particolare quella femminile, è divenuto il colore liturgico per eccellenza, utilizzato in particolare dai vescovi.

E' uno dei colori meno amati, relegato al massimo al mondo femminile, ma raramente apprezzato, a parte per brevi periodi, in cui la moda lo ha reso, con tanto sforzo e per poche stagioni, abbastanza piacevole.


L'Arancione
Questo è un colore dalla storia molto particolare. E' uno dei primi ad essere conosciuto, per via del frutto da cui prende nome, ma è relativamente recente per via della lunga interdizione biblica verso ogni forma di mescolanza.

Quindi invece di produrlo facilmente unendo rosso e giallo, si è cercato ogni alternativa possibile, dallo zafferano a certi tipi di legno detti "del Brasile".

L'arancione subisce poi un trasferimento simbolico di molte valenze positive dell'oro: è quindi il colore della giovinezza, del calore, del sole, della gioia e tonicità, della salute.

Per come riesce a trasmettere positività, energia e giovinezza (inteso come qualcosa di nuovo, di adatto a chi si sente giovane), è usato per molte confezioni di medicinali, ma molto meno per i vestiti.


Il Rosa
E' uno dei colori più amati,  ma i significati che gli attribuiamo oggi gli sono stati attribuiti nel Romanticismo. In passato è stato anche un colore maschile.

Rappresenta oggi la tenerezza, la femminilità, la dolcezza, ma più in profondità, la felicità. Infatti nel nostro immaginario una vita rosea, è una vita priva di difficoltà e tristezza.


Il Marrone
E' uno dei colori più detestati in ogni sondaggio per via del rimando agli escrementi, la sporcizia, la povertà, la violenza. Quest'ultima valenza è forse adesso meno forte, prima era dovuta alle uniformi dei militari. Nacque infatti con le divise delle uniformi tedesche delle Sturmbteilung.

Il suo significato è quindi anche di umile, al di sotto dello standard, ecc. Solo accostato alle vesti monastiche segna povertà e umiltà, nel loro senso positivo, per il resto ha solo significati negativi.

Oggi vive una nuova giovinezza, soprattutto nel web, nel mondo del food e del homemade.


Il Grigio
Il grigio, come il nero, ha una duplice vita: è il colore della tristezza, della malinconia, della noia (una vita grigia), della vecchiaia, ecc,

Con quest' ultimo significato però, può evocare saggezza, esperienza, conoscenza, intelligenza (materia grigia).

Quindi, da una parte ha un valore negativo, dall'altra positivo, ma è anche un colore a metà del nero, o meglio del quasi nero, ma anche del quasi bianco, da cui l'idea del colore medio, senza eccessi, discreto.

Brand e Colori: Giallo e Nero


Siamo arrivati quasi alla fine del nostro viaggio nei colori. Ora analizziamo il giallo ed il nero, colori particolari, poco sfruttati, ma dalle alte potenzialità.


Il Giallo
Nell'antichità il giallo era un colore molto apprezzato, utilizzato dai romani nelle cerimonie e nei matrimoni, valorizzato in Asia e in America del sud e colore dell'imperatore in Cina.

Oggi in Occidente è molto meno stimato e nei sondaggi viene sempre dopo blu, verde, rosso, bianco e nero.

Questo calo dell'apprezzamento del giallo a origine nel medioevo, quando tale colore, si divide in due, cedendo al dorato tutte le connotazioni positive, come la brillantezza, solarità, ricchezza, divinità, luce, vita, energia, gioia, potenza, supremazia, nobiltà, eccetera, e conservando quelle negative, come la peste, cirrosi, l'autunno eccetera.

Nella Tradizione popolare il giallo diventa il colore della menzogna, del tradimento, tanto che si dipingeva di giallo la casa di falsari, la veste di giuda per molto tempo è stata dipinta di questo colore.

Con il nazismo, il giallo diventa il simbolo degli ebrei, e per quanto tutti sappiamo quale sopruso sia stato fatto a tale popolo, il rimando culturale è comunque forte e radicato.

Possiamo non rendercene conto di come gli eventi influenzino i nostri gusti ma è sotto gli occhi di tutti di come il giallo sia uno dei colori meno usati in assoluto.

E' di solito considerato un colore per bambini, nei manuali o nelle palette cromatiche è sempre presentato alla fine, pensiamo inoltre al design, alle automobili, all'arredo della casa, dove tutt'oggi è uno dei colori meno usati, oppure ai vestiti dove è considerato ridicolo.


Il Nero
E' uno dei colori più complessi poiché presenta molte valenze opposte. Si va dal lutto all'eleganza, dalla disforia all'euforia, dalla tristezza e depressione a colore quasi neutro, e quindi senza valori, per quanto usato in alcuni ambiti, come i vestiti, di cui diventa un colore che sta bene con tutto (ovviamente tolto il lusso).

Nell'antichità il nero veniva distinto in due colori differenti, il nero brillante, detto niger, e nel nero matto, detto ater.

Per le culture orientali è il bianco il colore del lutto, poiché il defunto sale in cielo, mentre per le culture occidentali il nero rappresenta la morte, per il concetto che il morto scende nelle profondità della terra, nell'oscurità, nell'inferno.

Cosi si crea anche un rimando al mistero, al peccato e al proibito.

D'altra parte è il colore della temperanza, dell'umiltà e dell'austerità, da qui i colori dei giudici, degli arbitri, delle macchine dei capi di stato.

In ogni caso il nero è considerato un non colore, più precisamente, assenza di colore, Insieme al bianco forma una tinta fissa, il bianco e nero, tipica della moda, di tutti i mezzi stampa e, soprattutto, del cinema, dove rappresenta il contrario del colorato.

Il bianco e nero è un'invenzione molto recente, nasce con la stampa, si afferma poi con la fotografia, il cinema e la TV. Questo accostamento ha una serie di "opposizioni semantiche" che dobbiamo approfondire:

                                 B/N                                                              Colore

                        Non colore                                                         Colorato
                       Quotidianità                                                        Straordinarietà
                       Realismo                                                             Fantasia
                       Rifore/Austerità                                                  Leggerezza/Frivolezza
                       Importanza                                                          Futilità
                       Scientifico                                                           Artistico
                       Privo/Vuoto                                                        Ricco/Colmo/Variegato




Per finire possiamo dire che il giallo nel quadrato semiotico (tema trattato qui), è un colore né continuo, né discontinuo, quindi neutro.

Il nero è molto più complesso, è il colore più forte che ci sia, traccia un confine netto, è pura piattezza ma anche estrema pienezza. Per questa valenza ambivalente, per le tutte le accezioni opposte che rappresenta, è un colore dalla duplice vita e dunque ha i tratti del colore continuo, ma anche di quello discontinuo: continuo + discontinuo.

Puoi approfondire il significato dei colori nei post: Brand e Colori, Brand e Colori: Blu e Rosso,  Brand e Colori: Verde e Bianco,  Brand e Colori: L'uso dei Colori.

lunedì 18 aprile 2016

Spirale del Silenzio: Perché la maggioranza ha sempre ragione


Sapere che tutti fanno una certa cosa è fonte di sicurezza per ognuno di noi. E per sapere parlo di quella sensazione che ci fa sentire dentro che le cose stanno esattamente così.

Ma perché succede?

Ce ne rendiamo conto raramente, ma è un effetto presente nella nostra vita ogni giorno. É così difficile uscirne, perché ci sembra davvero cosi potente la forza della maggioranza. Ci sembra schiacciante.

E di fatto lo è. Ecco perché.

Il motivo è da attribuire ad un effetto che Noelle-Neumann chiamò "Spirale del Silenzio". É una teoria elaborata da Noelle-Neumann, negli anni Settanta, in cui i Media (TV in primis) hanno un'effetto di persuasione sull'opinione pubblica.

L'effetto funziona così: u
na singola persona è disincentivata dall'esprimere la propria opinione se questa è percepita (anche erroneamente) come contraria a quella della maggioranza. Questo fa chiudere la persona in un silenzio, che aumenta la percezione di una opinione diversa da quella degli altri, che a sua volta aumenta il silenzio in cui ci si rifugia.


Come Succede
I Media enfatizzano opinioni e sentimenti prevalenti, mediante la riduzione al silenzio delle posizioni minoritarie.
Una persona singola è di fatto disincentivata dall'esprimere apertamente un'opinione che percepisce essere contraria a quella della maggioranza, per paura di riprovazione e isolamento da parte della presunta maggioranza.

Questo fa sì che le persone che si trovino in tali situazioni siano spinte a non esprimere la propria opinione, preferendo invece conformarsi al senso comune. 

E' una situazione comune a tutti, spesso, infatti, ci capita di essere veramente noi stessi solo con chi conosciamo bene e che sappiamo condivida la nostra posizione. Ma la percezione collettiva è che tutti siano d'accordo con la maggioranza, e ciò rinforza di conseguenza, il silenzio di chi si crede in minoranza.

Questo effetto è palese quando parliamo dei temi più scottanti, come l'immigrazione, gli stranieri, e tutti quegli argomenti dove è bene dire una cosa, ma in realtà si celano opinioni profondamente diverse.

Il vero problema è che così non si riesce a correggere quelle visioni distorte da tanti stereotipi,  perché rimangono nascoste. Inoltre questo meccanismo tende a sopprimere anche quelle forze di cambiamento sane, che devono attraversare le società per migliorarsi e per migliorarla.

La Forza della Maggioranza
L'opinione comunemente condivisa è molto forte per un banalissimo fattore. La pubblica opinione è un'opinione che può essere espressa in pubblico senza aver paura di subire danni. Sappiamo già che incontrerà i favori di tutti. Non si rischia nulla.
Questi sono i luoghi comuni, le frasi già fatte, i bla bla bla a cui siamo sottoposti quotidianamente, fino a che diventano parte del nostro corredo genetico.

Questo spiegherebbe il perché in tutte le interviste anonime risultiamo molto più razzisti (per la cronaca succede anche tra ebrei o neri, il razzismo è una forma di paura verso l'altro, inteso come estraneo) di quanto nessun sondaggio riesca a cogliere, mentre in quelle pubbliche nessuno si azzarderebbe mai a rivelarlo.

In sintesi ognuno riceve costantemente una pressione a conformarsi, soprattutto per la paura dell'isolamento sociale.

La spinta alla mediazione delle proprie opinioni con quelle del gruppo è una tendenza universale, per questo molti psicologi evoluzionisti la ritengono una caratteristica che aumenta la piacevolezza e l'attaccamento tra gli appartenenti ad una stesso gruppo. 
Da qui si formerebbero prima i pregiudizi e poi gli stereotipi.


Noelle-Neumann elabora la sua teoria, articolata nei seguenti punti:
  1. La società minaccia i comportamenti individuali devianti con l'isolamento
  2. Gli individui hanno paura dell'isolamento
  3. La paura dell'isolamento porta gli individui a valutare il clima d'opinione
  4. Il risultato della valutazione influisce sugli individui

Questo è alla base della formazione dell'opinione pubblica.

I punti di vista minoritari vengono espressi solo dopo che sono stati sostenuti anche dai media. Succede spesso infatti, che dopo essere trascorso un certo lasso di tempo, divengono maggioritarie posizioni che fino a pochi giorni prima non erano condivisibili. 

Un esempio pratico è quando muore qualche personaggio controverso. All'inizio la pratica sociale prescrive cordoglio, ma passato il tempo per il lutto, diviene accettabile dire anche cose spiacevoli, magari qualche cosa che ha fatto e che non era giusta, ecc.

Critiche
Le critiche mosse a questa teoria sono varie. C'è il problema della "Percezione Selettiva" (ne parlo qui).
Inoltre è difficile che in un paese tutti i media assumano un'unica posizione e che lo facciano sempre. L'opinione pubblica è spesso divisa su molti temi, con posizioni a volte davvero esigue.

Ci sono poi i sondaggi, a cui siamo ormai molto abituati. Con essi i media ribadiscono lo stato di forza tra le diverse posizioni. Oltre tutto i sondaggi costringono i cittadini alla coerenza statistica, cioè a un continuo confronto del proprio comportamento (spesso però i sondaggi portano all'effetto Bandwagon)

C'è anche l'effetto di una potente euristica, quella del “falso consenso”: si crede erroneamente che la maggior parte della gente la pensi come noi.

Per finire esiste un comportamento noto come “pluralistic ignorance”: le persone disdegnano in privato un qualcosa che si ritrovano ad appoggiare in pubblico. Questo sarebbe sempre dovuto alla desiderabilità sociale, cioè a presentare l'immagine di noi che abbia più probabilità di essere accettata dagli altri (se ne vuoi sapere di più leggi qui).


venerdì 15 aprile 2016

La Pubblicità Subliminale: Funziona Davvero?


Se ne parla spesso, direttamente o indirettamente. La domanda è sempre la stessa: ci sono parole magiche che possono attivare meccanismi segreti nella nostra mente?

Possiamo essere influenzati inconsciamente da immagini che consciamente non cogliamo nemmeno? Come immagini nascoste, che rimangono in video qualche frazione di secondo, ma che possono orientare i nostri acquisti?

Vediamo di capire cosa ci dicono gli esperimenti fatti.

Nel 1957, James Vicary, aumentò le vendite di coca-cola e pop corn del 50% in un cinema, grazie a delle frasi subliminali: "Mangiate pop corn" e "Bevete Coca Cola". Ne venne fuori uno scandalo senza precedenti che focalizzò l'attenzione americana per parecchie settimane.

Peccato che in seguito Vicary dichiarò che si trattava di una bufala che si era inventato per fare pubblicità alla sua agenzia, in via di fallimento. Vicary salvò la sua società, ma ormai aveva creato un mito, e i miti sono duri a morire.

Sono stati fatti moltissimi esperimenti a riguardo, ma i risultati sono stati spesso contraddittori, soprattutto perché non c'era unità di giudizio su quanto, l'immagine o la frase subliminale, dovesse rimanere sullo schermo.

Perché questo è importante?

Perché ovviamente non tutti gli stimoli sensoriali possono attivare i nostri sensi, quindi molti vengono ignorati.

Un'esperimento che ci ha permesso di comprendere meglio questo fenomeno è quello condotto in Francia nel 1999, da Channouf, Canac e Gosset.

Questa ricerca mostra due effetti interessanti:
  1. quando viene presentato uno stimolo subliminale, come il disegno di una bottiglia, le persone tendono poi ad accettare più facilmente una bevanda (85%).
  2. il desiderio di bere sembra essere attivato da immagini che richiamano tale bisogno, ma non può orientare verso una bevanda in particolare.
Forte è il rimando al legame fra stimolo e comportamento desiderato, tipico del condizionamento classico di Pavlov.

Ma non è tutto.

Un'altra ricerca proiettava in sovrimpressione una marca di barrette di cioccolato, ovviamente in condizione subliminale. L'esperimento svolto tra studenti universitari voleva controllare il loro consumo di barrette per i 10 giorni successivi. All'interno del campus scolastico erano stati installati dei distributori automatici di barrette, muniti di telecamera per dividere i partecipanti all'esperimento con i normali studenti.

Trascorsi i 10 giorni, gli studenti avevano acquistato quasi il doppio delle barrette del normale. Ma non avevano comprato di più il cioccolato della marca sponsorizzata, avevano semplicemente consumato più cioccolato in generale.

Cosa vuol dire?

I nostri bisogni fisiologici possono dunque essere attivati attraverso messaggi o illustrazioni presentate in condizione subliminale, d'altra parte, non è possibile orientare le scelte delle persone verso una marca specifica.

Inoltre non è possibile influenzare qualsiasi comportamento o farlo in maniera durevole. Infatti gli effetti si attenuano in maniera consistente nel tempo. Ma anche su questi risultati c'è forte disaccordo.

Perché non possiamo essere certi che l'effetto sia dovuto ai messaggi o ad altre variabili (il freddo, il fatto che molti facessero sport, pura casualità, oppure il solo fatto che avessero reso più disponibile il cioccolato installando più distributori).

Molte altre ricerche hanno fallito nel tentativo di stimolare alcuni tipi di comportamenti: i tentativi di far perdere peso, attraverso un'alimentazione più sana, sono falliti miseramente, mentre i messaggi subliminali uditivi mostrano molti effetti contraddittori.

Per esempio, dei ricercatori sono riusciti a far dimagrire delle donne obese presentando il messaggio: "io e la mamma siamo una persona sola".

Si possono trovare sia conferme del potere dei messaggi subliminali, sia ricerche che dimostrano come non ci sia nessun effetto o, addirittura, effetti contrari.

Molti esperimenti del passato si sono rivelati fallaci perché presentavano stimoli che non superavano la "soglia assoluta", cioè la stimolazione minima che può essere rilevata dagli organi di senso.

Questa non va confusa con la soglia di percezione cosciente, ossia quel valore al di sopra del quale lo stimolo è percepito come molto forte. In questo caso il soggetto è perfettamente conscio della presenza dello stimolo e questo attiva tutta una serie di processi percettivi, inoltre il soggetto può reagire di conseguenza,

Questo vuol dire che la risposta degli individui può essere completamente differente a seconda che lo stimolo li raggiunga a livello subliminale o superliminale.

La soglia assoluta può dipendere anche dalle condizioni fisiche, dalla motivazione, oppure, semplicemente, dall'età: i giovani sentono maggiormente i profumi e gli odori rispetto agli anziani, le donne in generale li percepiscono in maniera molto più forte e distinta (si pensa siano capacità legate alle opportunità di accoppiamento, maggiori in certe età e minori in altre).

Ricordiamo per finire la "soglia differenziale", cioè la quantità minima di stimolazione necessaria per distinguere due stimoli diversi, altrimenti indistinti e quindi confusi.

Tutti questi concetti sono fortemente legati al paradosso dei messaggi subliminali, cioè il fatto che non siano consapevoli, ma che siano percepiti. Ovviamente questi messaggi per essere subliminali devono essere presentati in una misura che si avvicina il più possibile alla soglia assoluta, ma non la deve superare mai, altrimenti sarebbero coscienti.

I messaggi subliminali sono di vario tipo:
  • immagini: piccole immagini inserite all'interno di pubblicità stampata o film.
  • messaggi uditivi: prossimi alla soglia uditiva oppure inseriti in audio registrazioni (pensate alle frasi lette al contrario presenti in molti album).

C'è molta confusione oggi a riguardo.

Nel tempo il fatto che l'opinione pubblica potesse essere influenzata attraverso gli organi di stampa e gli altri strumenti di comunicazione di massa, ha dato seguito a molte preoccupazioni. Una forte cassa di risonanza è stato il testo di Vance Packard (1957), the Hidden Persuasders, ma ancora oggi sopravvive il retaggio delle argomentazioni che vedono l'opinione pubblica influenzata da agenti esterni. Preoccupazioni riemerse con l'avvento di Internet.

Gli studi di psicologia sperimentale, tesi a valutare gli effetti di messaggi subliminali, hanno dimostrato la loro scarsissima rilevanza rispetto agli obiettivi prefissati, classificando risultati, e gli effetti ottenuti, con la dicitura "effetto placebo" (cioè quando il cambiamento dei comportamenti non è imputabile alle tecniche subliminali, ma solo alla suggestione personale).

In generale possiamo dire che molti psicologi concordano sull'esistenza della percezione subliminale, ma non hanno lo stesso parere rispetto alla forza e all'ampiezza dei suoi effetti, che non possono essere dimostrati scientificamente (infatti molti gruppi rock degli anni '80 sono stati citati in giudizio, soprattutto negli Usa, per esortazioni di vario genere nei loro album, ma non hanno mai dovuto pagare un centesimo).

Oggi i messaggi subliminali vengono considerati inefficaci ai fini pubblicitari per varie ragioni: la diversità soggettiva, l'influenza di altri fattori sociali e di tante altre variabili al momento dell'esposizione, il fatto che non c'è mai un'elevata attenzione verso il canale comunicativo e infine la difficoltà a determinare gli effetti specifici, per cui è molto difficile capire se un comportamento di acquisto sia dovuto al messaggio o all'effetto della "generalizzazione dell'effetto" (cioè quando si attribuisce un rapporto di causa-effetto li dove non ce ne è).


mercoledì 13 aprile 2016

Start Up Marketing: Come Iniziare



Oggi le Start Up sono molto famose, soprattutto grazie a Facebook, Instagram, Groupon, sinonimi moderni di business innovativi e di successo. Questa parola inglese significa avvio, si riferisce ai primi 2-3 anni di vita di una impresa, anche se adesso tale lasso di tempo tende sempre più a diminuire. 

In realtà con Start Up si dovrebbe designare solo una società nata per crescere in fretta, ma di solito il termine ha molte più connotazioni, come quella di essere formata da giovani, di muoversi nel settore dell'innovazione, dell'alta tecnologia, di Internet, e di non avere grandi capacità finanziarie.

Infatti per crescere, e spesso per avviarsi, le start up cercano capitali esterni, per i quali usualmente ricorrono alla vendita di quote.


Perché sono nate in America?
Prima di andare avanti vorrei sottolineare una differenza notevole, in quello che secondo me è il motivo fondante, della nascita negli Usa del nuovo modo di intendere il business.

Perché non sono nate in italia le Start Up? Per le Tasse? Forse, ma sicuramente non è il motivo più importante. Anche noi possiamo vantare eccellenti menti e imprenditori sognatori che hanno riscritto il mondo. Pensate a Mattei, a Ferrari, Olivetti, ecc.
A mio avviso tutto nasce dal Modello di Imprenditoria dominante nei diversi paesi.

Se chiedete ad un imprenditore italiano la sua esperienza, vi racconterà la storia della sua azienda. Questa storia sarà romantica, di gioie di dolori. Non mancherà di spiegarvi come ha superato le fasi più importanti. Ci saranno dei momenti che ancora vengono celebrati nell'azienda.

La sua nascita, l'espansione, un dipendente o collaboratore che ha lasciato un segno importante e cosi via. La sua attività è un progetto di vita a cui sarà legato per sempre, che vorrà tramandare al figlio, che poi tramanderà alle generazioni in futuro.
Questa è un'azienda nata per esistere e resistere per sempre.

Il modello Anglosassone è molto differente. In questo caso l'azienda è utile alla crescita professionale. L'importante qui è la storia dell'imprenditore, di come è riuscito a mettere su il team, trovare un finanziatore e poi vendere il tutto. In questo caso, infatti, si parla di un giovane fondatore, della sua prima società nella quale rimarrà qualche anno per poi cederla e aprirne una seconda e così il via.


Le Conseguenze
Ovviamente non esiste un approccio giusto, ma cambia il legame con l'azienda, e ciò si ripercuote sul concetto di fallimento. Nel mondo anglosassone la maggior parte dei grandi manager sono passati per ripetuti fallimenti. Non c'è vergogna nell'aver provato e fallito, anzi è considerata fonte di grande esperienza. Sappiamo bene che ogni fallimento ci insegna moltissimo ed è difficile che faremo gli stessi errori.

In Italia il fallimento è una sconfitta personale, un'onta che ci segue per sempre. Non ne parliamo. Se abbiamo fallito è segno che non era la strada giusta per noi. 

Per questo non è un caso che le start up siano nate negli Usa più di 25 anni fa e solo di recente siano giunte in Italia. Per le abitudini italiane la cessione di quote è qualcosa di inaccettabile, per non parlare del fare exit (vendere l'azienda e uscirne).

Con la crisi però questo sta cambiando e ci siamo avvicinati al modello anglosassoni, soprattutto i più giovani, che ormai conoscono solo questo tipo di realtà,


Le fasi di una start up
Fase 1 - l'idea
Tutto nasce da un'idea di business. L'idea deve essere chiara e semplice. se non riuscite a spiegarla ad un bambino di 10 anni, è segno che dovete ripensarla o sistemare qualcosa.
In questa fase l'obiettivo primario è conoscere bene il settore in cui si vuole operare, individuare il nostro team e un modello di business concreto, solido e se possibile innovativo (anche se molto dipende dal settore).

Fase 2 - Bootstrapping
Ora dobbiamo trasformare l'idea in qualcosa di concreto, renderla reale. La cosa migliore è cercare di produrre la nostra idea per raccogliere Feedback.

Molte volte si decide in questa fase di mettere mano alle proprie tasche e finanziare questa piccola produzione da soli.
A seconda del nostro business possiamo fare una demo (simulazione del prodotto finale), un prototipo (singola copia) oppure un MVP (Minumum Viable Product), cioè la produzione minima sufficiente perché possa venir immessa sul mercato.

Lo scopo è quello di avere feedback dai clienti in modo da non sviluppare caratteristiche che al mercato non interessano.

In questa fase ci possono aiutare gli incubatori (aziende che in cambio di quote danno uffici, formazione, marketing, eccetera), gli acceleratori (aiutano con incontri con possibili investitori), oppure rimane il vecchio fai da te (uno degli approcci più seguiti).

Fase 3 - Seed Stage
La fase della semina è quella in cui bisogna ottenere visibilità sul mercato.
Essenziale l'attività di marketing, divisa in:
  1. visibilità: bisogna farsi conoscere con pubblicità, eventi, PR, social media, ecc
  2. sviluppo del prodotto: i feedback ottenuti dal MVP verranno utilizzati per capire cosa piace, cosa non piace
In questa fase possiamo cercare l'aiuto dei Business Angel, individui con capitali da investire
Solitamente imprenditori o manager, che possono aiutare con l'esperienza acquisita in determinati mercati e settori, oppure con la loro rete di contatti.
E' importante valutare la Traction, ossia come si comporta la start up sul mercato vero 

Fase 4 – Scalare
Il termine indica la possibilità di un business di far crescere esponenzialmente i ritorni senza avere una crescita esponenziale dei costi. E' importante che i guadagni crescano sufficientemente di più di quanto facciano i costi. 

Ovviamente non tutti i business hanno le stesse capacità di scalare.
Ci sono settori che possono estendersi e ampliarsi con più facilità di altri, ma comunque è importante saper capire quali sono i limiti di ogni business, questo vi farà risparmiare tempo e, soprattutto soldi.

In questa fase ci possono aiutare i Venture capital, società che hanno negli investimenti a rischio la loro attività principale.

Fase 5 – Exit
Questo è il momento in cui si vendono le quote per raccoglierne i frutti.
Uscire dalla start up è sicuramente l'obiettivo dei Venture Capital e dei Business Angel, ma di solito i fondatori rimangono dentro e continuano l'avventura.

Per aumentare il potenziale ora ci possono aiutare i Competitor e le Grandi Aziende.


Cosa interessa agli investitori
Chi investe non cerca nuovi amici o vuole riempire il suo tempo, vuole capire se le scelte che farà avranno un futuro roseo o no. Chi investe sa anche che prevedere con certezza gli esiti futuri di aziende che ancora non sono nate è impossibile. Per questo cercano dei segnali che possono essere prodromi del successo.

Gli indicatori più importanti sono:
  • redditività: la capacità di garantire un adeguato ritorno dell'investimento (ROI)
  • fattibilità: l'idea e i ritorni ipotizzati possono essere grandiosi, ma se le possibilità di portare a termine l'iniziativa sembrano scarse, l'investitore eviterà.
  • scalabilità: far crescere esponenzialmente mercato e ritorni senza avere una crescita esponenziale dei costi
  • difendibile: se l'idea funziona, faranno di tutto per copiarci. Quanto per gli altri è semplice raggiungerci?
    (brevetti, base clienti, brand)


Il Business Model
Il business model descrive il modo in cui l'impresa intende generare valore per i suoi clienti e trasformarlo in ricavi. 
E' diverso da un Business Plan che invece si concentra sui aspetti economici-finanziari.

Uno dei modelli più usati è il business model Canvas:



Il modello, che potete scaricare qui (vi consiglio anche la Empathy Map), è diviso in nove blocchi. 
Ogni Blocco descrive un segmento vitale per la buona riuscita del progetto. 
E' importante capire che questo è uno strumento che semplifica soprattutto la comprensione del business, vi da una visone d'insieme semplificata.
Rende palese le incongruenze, l'incoerenza di alcuni scelte, non è e non sarà mai una sorta di bacchetta magica con cui potrete sistemare tutto. Questo è bene tenerlo a mente.

Analizziamo i 9 blocchi:

Proposta di Valore (Value Proposition)
Chiamata così perché ciò che si offre al mercato non è semplicemente il prodotto che si realizza, ma i benefici che tale prodotto generano per i clienti. 
E' importante distinguere ciò che si produce fisicamente, dal perché i clienti pagano, poiché spesso pagano per motivi totalmente diversi da quelli che ci aspettavamo.

Le VP normalmente possono essere di 11 tipi: novità, performance, personalizzazione, supporto, design, brand e status, prezzo, riduzione dei costi, riduzione dei rischi, accessibilità, usabilità. 

Segmenti di Clienti (Customer Segment)
Capito cosa voglio offrire, adesso dobbiamo capire a chi vogliamo offrirlo. 
Per farlo dobbiamo raggruppare i possibili clienti in differenti segmenti con necessità, comportamenti e attributi comuni.

La psicologia moderna vuole che in tali condizioni comuni, ci sia un comportamento d'acquisto comune (è' un approccio che sta passando di moda, sopratutto per via dei risalutati che stentano ad essere come quelli di una volta).

Ricordo che gruppi di clienti simili sono segmenti diversi se:
- richiedono una diversa offerta
- vengono raggiunti da canali di distribuzione diversi
- hanno livelli diversi di profittabilità
- sono disposti a pagare per aspetti diversi dell'offerta

Normalmente ha successo un prodotto che mira a una nicchia limitata, ma ben definita di clienti.

Canali (Channel)
Descrive i modi in cui si comunica e si raggiunge il nostro segmento di mercato 
(Internet, TV, giornali, affissione, porta a porta, passa parola, pr, punti vendita, fiere, eccetera). 
E' importante porci nei panni del cliente (potete usare la Empathy Map come schema semplificativo).

La psicologia dei consumi divide il processo il processo di acquisto in 5 fasi:

  1. Awereness: facciamo conoscere il prodotto. Dobbiamo far sapere che esistiamo e che possiamo risolvere un problema (con pubblicità e comunicazione)
  2. Valutazione: far capire quale bisogno soddisfiamo (con cataloghi, listini, recensioni, passa parola).
  3. Acquisto: dobbiamo renderlo il più semplice possibile.
  4. Consegna: come riceverà i prodotti? Dovrà aspettare? C'è rischio di danni?
  5. Post vendita: fintanto che un cliente utilizzerà un nostro prodotto dovremmo considerarlo ancora un nostro cliente, quindi dovremo tenere aperti dei canali di comunicazione con lui.

Customer Relantionship
Mostra che tipo di rapporto vogliamo avere con i nostri clienti.
Anche qui ricordo che oltre alle attività di CrossSelling e Upselling, i nostri clienti non sono tutti uguali.
Ci sono i nuovi clienti e ci sono i clienti attuali.
Vista l'attuale economia di mercato, il grado di competizione e saturazione di qualsiasi settore, da una parte, e soddisfazione di qualsiasi bisogno, dall'altra, il mantenimento dei clienti attuali risulta ormai più semplice e molto meno costoso. Per questo le leve del CrossSelling e Upselling divientano indispensabili.

In ogni caso esistono diverse tipologie di CR:
- Assistenza personale: faccia a faccia, call center.
- Assistenza personale dedicata: come la precedente, ma l'assistente sarà sempre la stesso.
- Self-service: ci sono le istruzioni e si auspica che il cliente sia autosufficiente.
- Sistemi automatici.
- Comunità: spesso gli utenti di un servizio di un prodotto formano delle comunità.
- Co-creazione: prosumers.

Il difficile è individuare la relazione più soddisfacente per il cliente, e che si integra meglio con il resto del BM.

Risorse Chiave (Key Resource)
Sono gli asset necessari per far funzionare il business. Di solito sono di 4 tipi: 

1 Risorse fisiche: macchinari, strumenti, attrezzature, locali, uffici.
2 Risorse umane: in primis sono le figure chiave necessarie, tutti dipendenti poi rappresentano le risorse umane.
3 Risorse intellettuali: quelli intangibili (brevetti, copyright, brand, conoscenze, base clienti e partnership).
4 Risorse finanziarie.


Attività Chiave (Key Activity) 
Sono le attività cruciali. Esse cambiano a seconda del business, possono essere di tipo produttivo, di tipo di problem solving, eccetera.


Partnership Chiave (Key Partnership)
Dobbiamo capire cosa fare e cosa delegare (esternalizzare). Trovare accordi proficui con partner giusti, darà una spina incredibile al nostro Business.

Possono essere in quattro forme:
1 Partnership cliente-fornitore: due aziende che sono sulla stessa filiera
2 Partnership tra non-competitor: es Microsoft e Nokia x gli smartphone
3 Cooperazione: cooperazione tra competitor (per suddividere il rischio, unire le forze per attaccare un leader)
4 Joint Venture: tra aziende completamente diverse, di solito per avviare nuovi progetti

Costi (Cost Structure)
Descrive tutti i costi sostenuti per far funzionare il nostro modello di business.
Ricordiamo che adesso, in tutti i casi, i costi vanno minimizzati.

Esistono due diverse tipologie di business model:
1 – modelli cost Driven: business guidati dai costi (es: offrire ai clienti una VP al prezzo più basso possibile).
2 – modelli value Driven: guidati dal valore, cioè dalla qualità (lusso).


Ricavi 
Qui arriva la parte in ui descriviamo in che modo intendiamo generare i ricavi.
Individuare il pricing corretto per il proprio prodotto è difficile. 

Un approccio comune e partire da quanto costa la VP e aggiungerne il margine che si vuole ottenere.
Questa strategia è più adatta business consolidati, per i prodotti innovativi la domanda da porsi è:
Quanto sarebbe disposto a pagare ogni segmento di clienti per la mia VP?
Per quale aspetto della proposta è disposto a pagare?
Il prezzo oltre che a sostenere il business, fornisce una chiara indicazione sul posizionamento di mercato della nostra offerta, inoltre contribuisce alla narrazione del brand.

Esistono tre tipi di prezzi:
  1. Pricing basato sui costi: conoscenza dettagliata di tutte le voci di costo. C'è rischio di non entrare in relazione al mercato (prezzi molto alti o troppo bassi)
  2. Ppricing basato sulla domanda: si coinvolgono i clienti per capire il prezzo a cui mercato è disposto ad acquistare
  3. Pricing basato sulla competizione: si tiene conto dei prezzi dei competitor
Ricordo che ogni impresa è fatta di persone, sono loro che possono far diventare un prodotto mediocre un successo o viceversa.



Il Team
Spesso il team nasce più per caso, eppure è uno degli elementi più importanti. In molti casi il fondatore, parte direttamente a cercare finanziatori, scelta destinata al fallimento, per molte ragioni:
  1. Staticità e cambiamento: la start up procede per tentativi e trasformazioni, quando si è soli la fluidità è compromessa. Oppure capita che ci si lascia influenzare dal giudizio degli altri troppo spesso.
  2. Forza creativa: L'idea iniziale non è mai completa, dovrà essere arricchita. Avere persone diverse, con esperienze e competenze diverse amplia le possibilità.
  3. Energia e motivazione: da soli c'è il grande rischio di abbandonare.
  4. Credibilità: la completezza del team è un parametro valutato attentamente dai finanziatori.
  5. Competenze: una singola persona non è in grado di ricoprire efficacemente tutti i ruoli richiesti.

Skill, motivazione e Valori
Una start up vale quanto la somma delle persone che la compongono, ma le competenze e le capacità non sono l'unica cosa da considerare.

E' importante la motivazione, cioè quanto interessa davvero il nostro business, se lo considera un progetto da investirci tempo o lo vede solo come un lavoro temporaneo.
E' fondamentale la condivisione dei valori, cosa vuole raggiungere, cosa lo attira, i motivi che lo spingono. Non bisogna sottovalutarli.
Esperienza: a volte maggiori sono le competenze più aumenta il rischio di fallimento, per eccesso di sicurezza.
L'esperienza diretta nei settori in cui vogliamo agire è fondamentale.
Per esempio gli angel preferiscono investire nei settori che conoscono bene e dove hanno già lavorato.


Execution
L'esecuzione è fondamentale, tra un prodotto immaginato e uno funzionante ci sono mesi, anni di fatica, difficoltà ed errori. Molti pensano che l'esecuzione sia il 99% del successo. 
Per questo diventa necessaria una buona capacita di Pivoting.

Il Pivoting è uno dei fattori di successo, è la capacità di evolvere e di adattarsi all'ambiente.
Facciamo qualche esempio:
  1. zoom-in pivot: una singola parte del prodotto diventa il prodotto intero, perché mercato indica quale caratteristica interessa
  2. zoom-out pivot: ciò che prima era il prodotto completo, poi diventa una delle caratteristiche del prodotto
  3. customer segment pivot: il prodotto attiva clienti diversi da quelli a cui avevamo pensato (va riposizionato)


Lancio e diffusione
Servirebbe forse un blog intero per questa sezione, ma cerchiamo di descrivere solo le cose essenziali. Esistono principalmente due tattiche di marketing: attenzione acquistata (paid attention) e attenzione guadagnata (earned attention).

Un'altra classificazione delle tattiche di comunicazione è quella che contrappone le tecniche che prevedono di interrompere il destinatario (outbound marketing) e quelle che prevedono che sia quest'ultimo a scegliere l'azienda (inbound marketing).

L'outbound richiede del capitale da investire e ha il vantaggio della rapidità del ritorno dell'investimento (carta stampata, direct mail, telemarketing e call center, fiere, pubblicità tv e radio, link sponsorizzati e banner).


L'inbound non utilizza la pubblicità tradizionale, perché oggi giorno non garantisce più ritorni di attenzione di una volta. Siamo così sottoposti a tanti stimoli pubblicitari che per sopravvivere, il cervello semplicemente impara non vederti (a questo proposito leggete la guida definitiva alla persuasione), per questo pensare a tattiche non convenzionali può essere la scelta vincente.


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