mercoledì 11 maggio 2016

Come i colori influenzano gli Acquisti



I colori ci influenzano molto di più di quello che crediamo, possono essere dei potenti alleati, basta saperli utilizzare con intelligenza, visto che orientano in maniera considerevole i nostri acquisti.

Basti pensare che per il 93% delle persone l'aspetto visivo è il fattore determinante quando si trovano di fronte a prodotti simili. Ovviamente non lo ammetteranno mai, ma i moderni test parlano chiaro.

I colori ci orientano e ci semplificano le scelte, con il loro aiuto prendere una decisione è molto più facile. Pensiamo infatti a prodotti per maschi e per femmine, dovremmo scrivere a chi è rivolto, sulla confezione, ma lo leggerebbero tutti? Forse la maggior parte delle persone non se ne accorgerebbe.
Ma basta metterci un tocco di azzurro o di rosa, ed è tutto più chiaro.

Ma i colori ci dicono se un prodotto è per le nostre tasche oppure no, se è un prodotto tradizionale oppure no, se utilizza particolari materiali (per esempio è eco o bio) oppure altri.
Sicuramente ci influenzano anche altri fattori, per esempio il passaparola è uno strumento potentissimo, mentre nel web il 42% dei navigatori basano la propria opinione di un sito solo guardando il suo design e il 52% dei navigatori abbandona un sito, per non farvi più ritorno, proprio a causa dell’aspetto globale.

Per esempio negli ecommerce diventa importantissimo non utilizzare colori che appesantiscano l'esperienza degli utenti, ma che ci facciano distinguere i prodotti in maniera chiara (soprattutto se sono molti).


I colori giusti

Non esistono colori giusti e sbagliati. Dipenda tutto dal contesto, dal tipo di prodotto, dal tipo di target che vogliamo acchiappare, ma soprattutto dai concetti e valori che voliamo trasmettere a chi ci vedrà.

Il mondo dei colori è veramente vasto, una piccola sfumatura potrebbe essere la nostra arma vincente o al contrario potrebbe rovinarci. In nostro aiuto arrivano alcuni strumenti, come Color scheme designer, che permette di verificare i vari abbinamenti

Gli abbinamenti cromatici sono la cosa che ci colpisce per primo, ci fa capire dove siamo e se ci troviamo nel posto giusto. Dobbiamo quindi evitare alcuni accostamenti, vediamo quali:

Blu e Marrone
Rosso e blu
Verde e Rosso
Rosa (in tutte le sfumaturre, dal pastello al viola) e verde
Rosa (in tutte le scale) e marrone
Blu e verde

Viceversa, alcuni abbinamenti di colore adatti e di successo sono :
Rosso e bianco
Rosa e nero
Blu e arancione
Marrone e beige
Marrone e oro
Viola e argento
Grigio e verde

Ovviamente i colori non sono universali (ne parlo qui: Brand e Colori: L'uso dei colori), paesi e culture diverse vedono i colori in maniera diversa. Pensate che solo la lingua incide per un 50% nel significato di un colore.


I Colori nel Mercato Occidentale

Giallo: è il colore dell'ottimismo e della giovinezza. Nel senso che attira i giovani, infatti questo colore perde di appeal pian piano che cresciamo. Il giallo è molto utile se vogliamo attirare l'attenzione, è un colore che spezza molto la monotonia quotidiana, proprio perché utilizzato molto poco.

Rosso: usare il rosso è un acceleratore, più è forte la gradazione è più si spinge su un certo significato. Ricordate che in ogni sua accezione non ha mezzi termini, tanto che è capace di aumentare la frequenza cardiaca. Il rosso è energia, urgenza, rappresenta l'estremo, è il più colore dei colori.

Blu: Crea sensazioni di fiducia e sicurezza, per questo è molto utilizzato nei loghi aziendali che vogliono trasmettere stabilità (assicurazioni per esempio).

Arancio; è un colore molto vivace e aggressivo, potente strumento per le call-to-action: compra, iscriviti, prova, clicca qui, ecc.

Rosa: è utilizzato come colore per le donne e le ragazze in particolare. Richiama quindi il mondo femminile ma con una accezione di giovinezza.

Nero: Potenza ed eleganza, ma anche tristezza e vuoto. Usatelo con cautela a seconda del contesto. Per il mercato è sinonimo di lusso.


Tools
Per capire come puoi abbinare i colori dei tupi progetti ti consiglio Paletton.

Per un approfondimento completo sull'argomento vi segnalo il sito colormatters.com, veramente pieno di contenuti e sempre aggiornato con le ultimissime ricerche.

Un altro sito molto interessante per capire come utilizzare i colori e poterli abbinare efficacemente è www.avangate.com, in particolare questo link.

giovedì 5 maggio 2016

StoryTelling e Product Placement




Il Product Placement funziona davvero? Cioè, davvero basta mettere un prodotto in un film, in una serie di tv o in un programma, per aumentare considerevolmente le vendite?

Questo tipo di strategia è usata fin dal 1932, anche i fratelli Lumiere fecero comparire varie volte il sapone della Lever nelle loro brevi pellicole. Dopotutto le Soap Opera si chiamano cosi proprio per la pubblicità dei saponi che permeava queste produzioni.

All'inizio questa strategia ha funzionato benissimo,  tant'è che è stata replicata numerosissime volte: pensate alle caramelle della Hershey che registrarono un boom di vendite dopo l'uscita di E.T: l'extra terrestre di Spielberg, oppure al successo dei Ray-Ban dopo che Tom Cruise le usò in Risky Business.

Potrei fare molti altri esempi, da Men In Black a tutti i film di James Bond, ma la domanda rimarrebbe la stessa: funzionano ancora?

Partiamo dall'assunto base che una marca o un prodotto può aumentare le sue vendite se, prima di tutto, le persone la conoscono vedendola in TV. Questo è il concetto dietro al product placement (che si basa sulla teoria della Mera Esposizione).

Una ricerca di Lindstrom arriva in nostro aiuto: egli voleva proprio misurare se gli spettatori di American Idol ricordavano quali marche avevano visto durante la trasmissione, visto che la Coca-Cola spendeva milioni  per posizionare il proprio logo ovunque all'interno del programma.

Preciso che nel corso degli anni il marketing, e le recentissime ricerche di in neuromarketing, hanno scoperto che il ricordo di un prodotto  è la misura più affidabile dell'efficacia di una pubblicità (soprattutto è l'atteggiamento più vicino a ciò che porta al comportamento d'acquisto).


I Risultati
Nel programma appaiono tre principali sponsor: Ford, Coca-Cola e Cingular Wireless. Le persone non sembravano ricordare una marca più di un'altra prima dell'inizio del programma.

Man la mano che il programma proseguiva però La Coca-Cola era molto più ricordata della Cingular Wirelsss e ancor di più della Ford. Addirittura, nei test dopo il programma, si è scoperto che, dopo aver visto le trasmissioni, i soggetti ricordavano meno la marca Ford di quanto non fosse prima di iniziare a vedere la trasmissione.

Come mai la Coca-Cola aveva tanto successo?
Per dirlo dobbiamo analizzare come le tre Marche avevano inserito i loro prodotti all'interno  del programma: la Coca-Cola aveva posizionato per ogni giudice, una tazza con il logo ben visibile stampato sopra, da cui le star bevevano ripetutamente. Gli arredi dello studio richiamavano la forma delle bottiglie ed erano colorate del tipico rosso Coca-Cola.

Le altre due marche, invece, avevano fatto mandare in onda dei tradizionali spot pubblicitari, che addirittura, essendo monografici (cioè avevano uno spazio riservato), avrebbero dovuto attirare di più l'attenzione del pubblico.


Narrazione
Il segreto del successo della Coca-Cola è che era pienamente integrata nella narrazione del programma. Quello che la ricerca ci dice è che non ricordiamo le marche che non svolgono una parte, un ruolo nella storia di un programma.
La Coca-Cola era legata ai sogni, le aspettative, alla suspance prima di ogni giudizio, quelle pareti color rosso facevano da sfondo ai cantanti, con gli occhi pieni di paura che aspettavano di sapere se avrebbero passato il turno oppure no.
Si era così prodotta una potente associazione tra le emozioni e la bibita.

In maniera minore, la Cingular Wirelss (azienda telefonica) è lo strumento attraverso cui i concorrenti vengono giudicati dal pubblico a casa, quindi in qualche modo ha un ruolo archetipico nella narrazione. La Ford invece no, il suo era rimasto un prodotto come gli altri, estraneo. Anzi, interrompeva la narrazione, la disturbava con i suoi spot.


Conclusioni
I prodotti che diventano parte integrante della narrazione non solo penetrano efficacemente nella nostra memoria, ma attavano un effetto bidirezionale: non solo aumentano di intensità il nostro ricordo, ma in effetti indeboliscono la nostra capacità di ricordare le altre Marche.

Quindi per fare in modo che il product placement funzioni, bisogna che abbia un senso all'interrno della narrazione.


Per capire ancor meglio il perché di questo effetto, potete leggere il ruolo dei Neuroni Specchio e la loro funzione.

lunedì 2 maggio 2016

Violenza e Pubblicità


La violenza ed il sangue hanno sempre attirato l'attenzione del pubblico. In qualche modo tutto ciò che è estremo, che tende a raggiungere il limite, ci affascina. Ma questo, la nostra società, lo ha ereditato da quelle precedenti. In fondo sacrifici, esecuzioni, giochi e guerre non sono certo una novità.

Ma con i moderni media questo effetto è diverso? Può in qualche modo un film aumentare la nostra voglia di sangue?
In fondo la mia domanda è semplice: Possiamo diventare più violenti attraverso i media?

In nostro aiuto arrivano diversi studi sulla memorizzazione della pubblicità:
Un  certo Buschman ha coinvolto centinaia di persone e li ha divisi in due gruppi: il primo sarebbe stato esposto  ad estratti di film violenti, il secondo ad estratti non violenti.
La ricerca prendeva come misurazione gli indicatori fisiologici più importanti: pressione arteriosa, ritmo cardiaco, sudorazione, eccetera. Ovviamente ad ognuno dei candidati era stato preso un pretest, con tutti i suoi valori standard.

Nel mezzo di questi segmenti di film erano inserite delle pubblicità. I risultati sono stati sconvolgenti: un film violento porta ad un ricordo peggiore del messaggio pubblicitario, delle informazioni sui prodotti e del nome della marca.

Ciò che possiamo concludere è che la memorizzazione di una pubblicità non è strettamente legata alla proprietà della pubblicità. ma è soprattutto all'ambiente e gli eventi nella quale è inserita e che precedono o susseguono questa esposizione, che favoriscono il ricorso o meno.

Uno dei contesti in cui oggi siamo esposti maggiormente alla pubblicità è Internet. gli studi al riguardo dimostrano che anche per quanto riguarda la rete, il nostro cervello sta attivando i "processi di selettività".
Nuove ricerche sarebbero da condurre sul contesto e sugli eventi che circondano il messaggio, poiché si può scoprire quali sono le condizioni che rafforzano il ricordo.

Una curiosità: cliccate qui" genera una migliore memorizzazione dell'informazione contenuta nella pubblicità


Per chi volesse approfondire l'argomento, consiglio di cercare i Paid Fund Studies

sabato 30 aprile 2016

Come Creare un messaggio perfetto



Un messaggio pubblicitario efficace deve avere caratteristiche appropriate per il target che vuole attrarre. Fondamenti come questi sono alla base delle modalità di costruzione di un messaggio pubblicitario, che questo poi vada in tv, su un depliant oppure sia parte di una strategia dal venditore, è uguale.

Il punto focale è: richiama ed evoca quelle immagini che sono più vicine al tuo pubblico, o meglio, a quello che vuoi colpire.

Proprio sul concetto di colpire voglio soffermarmi. È un concetto tratto dal contesto militare, perché il pubblico viene visto come una preda da cercare, colpire, abbattere.

Negli ultimi decenni molto si è fatto a riguardo, infatti si è passati da un'idea di consumatore inerte, immobile, ad uno capace di rispondere, di costruire, di interagire con il prodotto.

Voglio farvi una domanda: e se ci fosse dell'altro? Veramente questi messaggi sono efficaci?

Per misurare l'efficacia di un messaggio pubblicitario, e della persuasione in generale, si guarda alla memorizzazione, cioè quanto questo messaggio è ricordato. In pratica si guarda se ritorna alla memoria qualora richiamato e in quanto tempo.

Quindi, più una pubblicità viene memorizzata, più è efficace.

A questo proposito voglio raccontarvi la ricerca di un certo Buschman (1998), che voleva misurare quanto una pubblicità fosse memorizzata, a seconda del film che lo precedeva.

Come al solito andrò subito ai risultati: il contesto di ricerca prevedeva un film violento ed uno neutro (i cui contenuti non potevano essere considerati né violenti, né romantici, ne ironici, eccetera, presumibilmente un filmaccio insomma).

Quello che venne fuori fu un'enorme differenza statistica fra le condizioni rilevate: un film violento porta a un ricordo peggiore del messaggio pubblicitario, delle informazioni su prodotti e del nome della marca (spesso inoltre carica il prodotto di valenze e di valori propri del film che lo precede).

Il fatto incredibile però è un altro: la memorizzazione di una pubblicità non è solo legata alle proprietà della pubblicità, del messaggio, o di quanto è efficace, ma soprattutto dall'ambiente in cui è inserita e dagli eventi che precedono questa esposizione.

Altre ricerche hanno misurato lo stesso effetto su Internet. Il contesto quindi sembra ciò che maggiormente orienta la memorizzazione di un messaggio pubblicitario.

Curiosità: nella rete "cliccate qui" genera una maggiore memorizzazione dell'informazione contenuta nella pubblicità.

mercoledì 27 aprile 2016

Persuasione: cos'è la Mera Esposizione


La ripetizione di un messaggio è sufficiente a cambiare il nostro comportamento. La banalità di questa affermazione può sconvolgere.

Come al solito sarò breve e conciso e cercherò di spiegare una delle ricette più usate e poco capite che ci siano.

Andiamo con ordine.

Prima di tutto dobbiamo capire che parliamo della semplice esposizione, cioè della ripetizione di un qualcosa alla nostra attenzione.

Siamo in una società sovraccarica di stimoli, di informazioni, di notizie che oramai non ci stupiamo più di nulla. Hopkins parlava di Information Overload.

Possiamo anche dire che la troppa informazione produce un effetto inverso, e forse è vero. Ma la mia riflessione va oltre, mette in gioco un assunto, un concetto dato per scontato. Noi siamo liberi.

Non voglio allarmavi, ma procediamo insieme.

Riflettiamo sul semplice fatto che di essere "esposti" è sufficiente a cambiare il giudizio delle persone. Banale ed incredibile allo stesso tempo. Pensateci bene, anche il solo giudizio degli altri ci fa cambiare idea e comportamento, anche questa è persuasione, ma non c'è quella intenzionalità propria dei messaggi pubblicitari (palesi o non) e propagandistici.

Andiamo però ai dati scientifici.

Un certo Grandall, nel 1985, fece un particolare esperimento. Per 29 giorni mise una torta a disposizione dei lavoratori di una fabbrica in quantità veramente abbondanti fin da subito.

La torta in questione non era una di quelle classiche, a cui siamo abituati, ma una particolarmente ricercata, dal gusto appunto "particolare".

Nella mensa della fabbrica erano comunque presenti altri dolci, frutta, e tutto il resto, ma questi cambiavano a ritmi casuali, mentre la torta era li, ogni giorno.

Giorno dopo giorno il consumo medio della torta crebbe, fino a che la torta non bastò più per tutti. La torta dal gusto particolarmente ricercato piaceva sempre di più. L'apprezzamento dell'alimento era quindi correlato alla frequenza della sua esposizione?

Pensate ai nostri giudizi, alle nostre opinioni. Quanto più una posizione è esposta, tanto più ci influenza nella formulazione delle nostre idee.

Il primo a scoprire questo effetto è stato Zajonc, uno psicologo sociale, nel 1968.

Zajonc fece molti test, poi ripetuti da molti altri, ma voglio ricordare quelli di Bornstein, i cui risultati mi colpirono molto.

Bornstein descrisse alcune caratteristiche stabili del fenomeno della mera esposione:
  • Caratteristiche dello stimolo: c'è uno spostamento verso il polo positivo all'aumento della frequenza di esposizione in tutti i casi, tranne che con i disegni. Per cui sembra ci voglia molto più tempo. Inoltre l'effetto è stranamente più forte con stimoli complessi e non con quelli più semplici.
  • Presentazione degli stimoli: l'aumento del consenso è si in relazione al numero di esposizioni, ma non in maniera lineare. Infatti dopo un certo numero gli atteggiamenti mutano in maniera sempre più moderata, fino a bloccarsi. In alcuni casi ci sono effetti boomerang, gli atteggiamenti invertono la loro strada. Questo effetto è particolarmente legato alla noia (per esempio una canzone ci piace di più tanto più l'ascoltiamo, poi però potrebbe cosi stufarci da odiarla). Inoltre ci sono gli effetti inconsci: esposizioni inferiori ad un secondo provocano effetti più forti che esposizioni più lunghe. Stimoli non riconosciuti, cioè non consapevoli, hanno risultati più forti.
  • Misurazione delle Variabili: gli effetti sono molto più chiari non subito dopo l'esposizione. Gli effetti più chiari si hanno dopo 2 settimane.
  • Variabili individuali: non ci sono effetti particolari per età, sesso, istruzione, ecc. Un maggiore effetto si riscontra invece in chi ha bisogno di approvazione, ricerca di sensazioni, ansia manifesta e piacere per l'ambiguità. In generale i bambini mostrano un effetto contrario, più aumentano le esposizioni, più gli atteggiamenti risultano negativi.

Zajonc spiegò questo effetto cosi universale con un effetto dell'evoluzione. Una "reazione alla paura".

Qui entra in gioco la psicologia evolutiva.

Abbiamo, cioè, reazioni ansiogene per stimoli nuovi. Il nostro cervello sarebbe fatto per "l'abitudine". Ciò che è conosciuto ha meno probabilità di danneggiarci.

Quindi, per evitare danni che un nuovo stimolo potrebbe provocare, la nostra mente rende più piacevole ciò a cui siamo stati già esposti. Semplice.

sabato 23 aprile 2016

Priming Semantico: come ottenere ciò che vogliamo


Una foto non è solo una immagine, evoca sensazioni e parole, sentimenti e ricordi, e questi ci cambiano mentre la guardiamo, soprattutto nell'immediato.

Per esempio l'immagine che state guardando, senza rendervene conto, vi ha reso più indecisi, e per esempio, più inclini a prendere in considerazione idee che ritenete contrarie.

Ma è davvero possibile?

Parte di questo effetto è dato dal "giro fusiforme", la parte del cervello che riconosce i volti, che trasforma le parole in immagini e viceversa.

Anche le informazioni uditive stimolano lo stesso effetto, ma in maniera minore e in diverso modo, d'altronde siamo animali visivi e questo lo conferma la gran parte che il cervello dedica alla vista.

Mi spiego meglio con un banale esempio preso proprio da una ricerca italiana:
Quando un bambino impara cos'è un "coltello", la sua forma sonora viene immagazzinata nella corteccia temporo/parietale posteriore (in pratica sopra le orecchie).
Ma non immagazzina solo questa informazione, cioè l'associazione fra l'oggetto e la parola, ma memorizza anche che è lungo, affilato, lucente, freddo, appuntito, ecc. E queste non vengono immagazzinati nello stesso posto, ma nella corteccia somato/sensoriale, cioè quella che apprende quando si tocca e si guarda qualcosa.
Ma non è tutto. 
Il bambino impara che solo gli adulti lo possono maneggiare, che è pericoloso e può procurare delle ferite (questa è una valenza emotiva o emotigena, e sviluppa dei marcatori somatici che fanno rifermento all'amigdala, colei che processa anche le informazioni della paura e le memorizza attraverso le emozioni).
Perché è importante?
Quando, per esempio, da grandi impariamo lo stesso termine in inglese (coltello = knife), non avviene lo stesso processo, ma la conoscenza corrisponderà solo all'acquisizione di un'informazione di tipo fonetico (cioè uditivo) ed ortografico (cioè grafico), e non coinvolgerà in nessun modo le varie parti della memoria, neppure in modo indiretto. 
Questo è dovuto al fatto che dopo i 5 anni di vita l'apprendimento della lingua nativa si verifica contemporaneamente all'acquisizione delle conoscenze concettuali, normative, delle esperienze corporee e sensoriali, come dei processi sociali.





Tutto questo che vi ho detto serviva a parlarvi di qualcosa di ancora più sconcertante: il priming.

L'idea di base è che certe informazioni, che sono chiaramente percepibili, solo per il fatto che vengono elaborate dalla nostra mente fanno sì che ci sia una sorta di preparazione cognitiva. Questa preparazione può portare più facilmente a certe decisioni o comportamenti.

Mi spiego meglio.

Certe informazioni iniziali, per esempio una parola, un'immagine o un suono, quando vengono presentate ad un individuo, influenzano il suo comportamento solo per il fatto che la sua mente le sta elaborando.

La cosa sconcertante è che siamo totalmente inconsapevoli del legame che si stabilisce fra l'informazione preliminare (prime) e il suo giudizio o comportamento successivo.

Ovviamente anche il fatto di non essere consapevoli del legame che esiste tra questi due fenomeni è una distorsione cognitiva, che fa parte dell'elaborazione dell'informazione della nostra mente, e che può essere sfruttata per ottenere da noi un certo tipo di giudizio o di comportamento.

Facciamo un esempio.

Cosa pensereste se vi dicessi che sono capace di cambiare la velocità di camminata di chiunque, solo facendo riordinare delle frasi con parole casuali?

Sembra incredibile, ma è successo veramente.

Questo è l'effetto di una ricerca (Bargh, Chen, Burrows; 1996) che fece ricostruire alcune sequenze di parole casuali a due gruppi di studio. Entrambi avevano parole messe in disordine (mare/è/il/ calmo/ molto), il primo di esso aveva parole totalmente casuali, mentre il secondo in ogni frase ce n'era una che rimandava al concetto di vecchiaia (solo, dipendente, vecchio, prudente e così via).

Terminato il compito, quando gli individui andavano via, veniva misurato il tempo di percorrimento  dalla porta dello studio fino all'uscita dello stabile (erano circa 200m, dopo di che l'effetto tendeva a diminuire rapidamente, fino a scomparire).

Il gruppo degli individui attivati con parole che evocavano la vecchiaia, percorreva la stessa distanza tre volte più lentamente rispetto all'altro gruppo.

Altre ricerche svolte con questo metodo dimostrarono che si poteva innescare negli individui giudizi che tendevano più alla calma, alla riconciliazione dei conflitti, alla moderazione, ecc.

Ma non finisce qui.

Altre ricerche hanno mostrato lo stesso effetto su altri comportamenti più sociali.

Per esempio le persone attivate con parole che evocavano maleducazione e quelle attivate con parole relative alla gentilezza, tendevano sensibilmente più degli altri a manifestare comportamenti attigui.

Si potrebbe dire che il difetto di queste ricerche è essere state fatte in laboratorio, che forse sarebbe difficile influenzare il comportamento o gli atteggiamenti delle persone in contesti naturali.




Ma altre ricerche hanno verificato che per esempio alcune lettere possono guidare pesantemente i nostri acquisti.

Per essere precisi, sono quelle del nostro nome.

Era già noto da tempo che le lettere che compongono il nostro nome sono quelle che preferiamo dell'alfabeto, anche se spesso non ce ne rendiamo conto, ma queste ricerche mostrano che arriviamo a preferire un prodotto il cui nome contiene queste lettere.

Se quindi dovete inventare il nome di una nuova marca di caramelle, questo potrebbe essere un nome anche senza senso, ma se contenesse le lettere del nome più comune in un certo paese, sarebbe meglio.

E questo è importante per chi fa marketing o comunicazione.

Ma funziona anche in politica?

Si può influenzare anche il voto. Sono state fatte ricerche nella campagna elettorale presidenziale americana di Ronald Regan, attraverso domande che non avevano alcun nesso con il voto.

Cosa possiamo portarci a casa da tutto questo?

Il concetto della mente che elabora come un computer è errato, non è più in grado di spiegare in maniera adeguata il funzionamento del nostro cervello.

Queste ricerche mostrano che ci sono elementi che vengono conservati e attivati in un secondo momento tramite degli inneschi, a volte casuali e a volte no. Questi inneschi ci influenzano in ciò che facciamo successivamente.

Non siamo computer, non elaboriamo le informazioni indipendentemente dal contesto e non siamo insensibili allo stato delle nostre emozioni interne.

Chi opera nel marketing può trarre una lezione, cioè che gli elementi apparentemente casuali o addirittura incongrui, possono essere utilizzati per modificare atteggiamenti, giudizi e comportamenti del consumatore

mercoledì 20 aprile 2016

Brand e Colori: Viola, Arancione, Rosa e Marrone


I colori influenzano le nostre azioni e persino le nostre emozioni, e quindi di conseguenza, le nostre emozioni.

Quanto?

La società più diventa complessa e più complesse diventano i modi di descriverla, le parole da usare, i simboli che la rappresentano e i colori che la raccontano.

Ora vi parlerò dei semi-colori: il viola, l'arancione, il rosa, il marrone ed il grigio.

Tolto l'ultimo che ha una storia particolare, gli altri vengono nominati a partire da oggetti del mondo vegetale: la violetta, l'arancia, la rosa, la castagna.

Andiamo a vederli insieme.


Il Viola
Il viola nasce quando c'è bisogno di una variazione del nero, per questo indica un semi-lutto, di una fine che sta per giungere, ma non ancora giunta. E' cosi divenuto il colore della vecchiaia, in particolare quella femminile, è divenuto il colore liturgico per eccellenza, utilizzato in particolare dai vescovi.

E' uno dei colori meno amati, relegato al massimo al mondo femminile, ma raramente apprezzato, a parte per brevi periodi, in cui la moda lo ha reso, con tanto sforzo e per poche stagioni, abbastanza piacevole.


L'Arancione
Questo è un colore dalla storia molto particolare. E' uno dei primi ad essere conosciuto, per via del frutto da cui prende nome, ma è relativamente recente per via della lunga interdizione biblica verso ogni forma di mescolanza.

Quindi invece di produrlo facilmente unendo rosso e giallo, si è cercato ogni alternativa possibile, dallo zafferano a certi tipi di legno detti "del Brasile".

L'arancione subisce poi un trasferimento simbolico di molte valenze positive dell'oro: è quindi il colore della giovinezza, del calore, del sole, della gioia e tonicità, della salute.

Per come riesce a trasmettere positività, energia e giovinezza (inteso come qualcosa di nuovo, di adatto a chi si sente giovane), è usato per molte confezioni di medicinali, ma molto meno per i vestiti.


Il Rosa
E' uno dei colori più amati,  ma i significati che gli attribuiamo oggi gli sono stati attribuiti nel Romanticismo. In passato è stato anche un colore maschile.

Rappresenta oggi la tenerezza, la femminilità, la dolcezza, ma più in profondità, la felicità. Infatti nel nostro immaginario una vita rosea, è una vita priva di difficoltà e tristezza.


Il Marrone
E' uno dei colori più detestati in ogni sondaggio per via del rimando agli escrementi, la sporcizia, la povertà, la violenza. Quest'ultima valenza è forse adesso meno forte, prima era dovuta alle uniformi dei militari. Nacque infatti con le divise delle uniformi tedesche delle Sturmbteilung.

Il suo significato è quindi anche di umile, al di sotto dello standard, ecc. Solo accostato alle vesti monastiche segna povertà e umiltà, nel loro senso positivo, per il resto ha solo significati negativi.

Oggi vive una nuova giovinezza, soprattutto nel web, nel mondo del food e del homemade.


Il Grigio
Il grigio, come il nero, ha una duplice vita: è il colore della tristezza, della malinconia, della noia (una vita grigia), della vecchiaia, ecc,

Con quest' ultimo significato però, può evocare saggezza, esperienza, conoscenza, intelligenza (materia grigia).

Quindi, da una parte ha un valore negativo, dall'altra positivo, ma è anche un colore a metà del nero, o meglio del quasi nero, ma anche del quasi bianco, da cui l'idea del colore medio, senza eccessi, discreto.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...