Oggi
le Start Up sono molto famose, soprattutto grazie a Facebook,
Instagram, Groupon, sinonimi moderni di business innovativi e di
successo. Questa parola inglese significa avvio, si
riferisce ai primi 2-3 anni di vita di una impresa, anche se adesso
tale lasso di tempo tende sempre più a diminuire.
In realtà con Start Up si dovrebbe designare solo una società nata per crescere in fretta, ma di solito il termine ha molte più connotazioni, come quella di essere formata da giovani, di muoversi nel settore dell'innovazione, dell'alta tecnologia, di Internet, e di non avere grandi capacità finanziarie.
Infatti
per crescere, e spesso per avviarsi, le start up cercano capitali
esterni, per i quali usualmente ricorrono alla vendita di quote.
Perché
sono nate in America?
Prima
di andare avanti vorrei sottolineare una differenza notevole, in
quello che secondo me è il motivo fondante, della nascita negli Usa
del nuovo modo di intendere il business.
Perché
non sono nate in italia le Start Up? Per le Tasse? Forse, ma
sicuramente non è il motivo più importante. Anche noi possiamo
vantare eccellenti menti e imprenditori sognatori che hanno
riscritto il mondo. Pensate a Mattei, a Ferrari, Olivetti, ecc.
A
mio avviso tutto nasce dal Modello di Imprenditoria dominante nei
diversi paesi.
Se chiedete ad un imprenditore italiano la sua esperienza, vi racconterà la storia della sua azienda. Questa storia sarà romantica, di gioie di dolori. Non mancherà di spiegarvi come ha superato le fasi più importanti. Ci saranno dei momenti che ancora vengono celebrati nell'azienda.
La
sua nascita, l'espansione, un dipendente o collaboratore che ha
lasciato un segno importante e cosi via. La sua attività è un
progetto di vita a cui sarà legato per sempre, che vorrà tramandare
al figlio, che poi tramanderà alle generazioni in futuro.
Questa
è un'azienda nata per esistere e resistere per sempre.
Il
modello Anglosassone è molto differente. In questo
caso l'azienda è utile alla crescita professionale.
L'importante qui è la storia dell'imprenditore, di come è riuscito
a mettere su il team, trovare un finanziatore e poi vendere il tutto.
In questo caso, infatti, si parla di un giovane fondatore, della sua
prima società nella quale rimarrà qualche anno per poi cederla e
aprirne una seconda e così il via.
Le
Conseguenze
Ovviamente
non esiste un approccio giusto, ma cambia il legame con l'azienda, e
ciò si ripercuote sul concetto di fallimento. Nel mondo
anglosassone la maggior parte dei grandi manager sono passati per
ripetuti fallimenti. Non c'è vergogna nell'aver provato e fallito,
anzi è considerata fonte di grande esperienza. Sappiamo bene che
ogni fallimento ci insegna moltissimo ed è difficile che faremo gli
stessi errori.
In
Italia il fallimento è una sconfitta personale, un'onta che ci segue
per sempre. Non ne parliamo. Se abbiamo fallito è segno che non era
la strada giusta per noi.
Per
questo non è un caso che le start up siano nate negli Usa più di 25
anni fa e solo di recente siano giunte in Italia. Per le abitudini
italiane la cessione di quote è qualcosa di inaccettabile, per non
parlare del fare exit (vendere l'azienda e uscirne).
Con
la crisi però questo sta cambiando e ci siamo avvicinati al modello
anglosassoni, soprattutto i più giovani, che ormai conoscono solo
questo tipo di realtà,
Le
fasi di una start up
Fase
1 - l'idea
Tutto
nasce da un'idea di business. L'idea deve essere chiara e semplice.
se non riuscite a spiegarla ad un bambino di 10 anni, è segno che
dovete ripensarla o sistemare qualcosa.
In
questa fase l'obiettivo primario è conoscere bene il settore in
cui si vuole operare, individuare il nostro team e un modello di
business concreto, solido e se possibile innovativo (anche se molto
dipende dal settore).
Fase
2 - Bootstrapping
Ora
dobbiamo trasformare l'idea in qualcosa di concreto, renderla reale.
La cosa migliore è cercare di produrre la nostra idea
per raccogliere Feedback.
Molte
volte si decide in questa fase di mettere mano alle proprie tasche e
finanziare questa piccola produzione da soli.
A
seconda del nostro business possiamo fare una demo (simulazione del
prodotto finale), un prototipo (singola copia) oppure un MVP (Minumum
Viable Product), cioè la produzione minima sufficiente perché possa
venir immessa sul mercato.
Lo
scopo è quello di avere feedback dai clienti in modo da non
sviluppare caratteristiche che al mercato non interessano.
In
questa fase ci possono aiutare gli incubatori (aziende che in cambio
di quote danno uffici, formazione, marketing, eccetera), gli
acceleratori (aiutano con incontri con possibili investitori), oppure
rimane il vecchio fai da te (uno degli approcci più seguiti).
Fase
3 - Seed Stage
La
fase della semina è quella in cui bisogna ottenere visibilità sul
mercato.
Essenziale
l'attività di marketing, divisa in:
- visibilità: bisogna farsi conoscere con pubblicità, eventi, PR, social media, ecc
- sviluppo del prodotto: i feedback ottenuti dal MVP verranno utilizzati per capire cosa piace, cosa non piace
In
questa fase possiamo cercare l'aiuto dei Business Angel, individui
con capitali da investire
Solitamente
imprenditori o manager, che possono aiutare con l'esperienza
acquisita in determinati mercati e settori, oppure con la loro rete
di contatti.
E'
importante valutare la Traction, ossia come si comporta la start
up sul mercato vero
Fase
4 – Scalare
Il
termine indica la possibilità di un business di far
crescere esponenzialmente i ritorni senza avere una crescita
esponenziale dei costi. E' importante che i guadagni crescano
sufficientemente di più di quanto facciano i costi.
Ovviamente
non tutti i business hanno le stesse capacità di scalare.
Ci
sono settori che possono estendersi e ampliarsi con più facilità di
altri, ma comunque è importante saper capire quali sono i limiti di
ogni business, questo vi farà risparmiare tempo e, soprattutto
soldi.
In
questa fase ci possono aiutare i Venture capital, società che hanno
negli investimenti a rischio la loro attività principale.
Fase
5 – Exit
Questo
è il momento in cui si vendono le quote per raccoglierne i
frutti.
Uscire
dalla start up è sicuramente l'obiettivo dei Venture Capital e
dei Business Angel, ma di solito i fondatori rimangono dentro e
continuano l'avventura.
Per
aumentare il potenziale ora ci possono aiutare i Competitor e le
Grandi Aziende.
Cosa
interessa agli investitori
Chi
investe non cerca nuovi amici o vuole riempire il suo tempo, vuole
capire se le scelte che farà avranno un futuro roseo o no. Chi
investe sa anche che prevedere con certezza gli esiti futuri di
aziende che ancora non sono nate è impossibile. Per questo cercano
dei segnali che possono essere prodromi del successo.
Gli
indicatori più importanti sono:
- redditività: la capacità di garantire un adeguato ritorno dell'investimento (ROI)
- fattibilità: l'idea e i ritorni ipotizzati possono essere grandiosi, ma se le possibilità di portare a termine l'iniziativa sembrano scarse, l'investitore eviterà.
- scalabilità: far crescere esponenzialmente mercato e ritorni senza avere una crescita esponenziale dei costi
- difendibile: se l'idea funziona, faranno di tutto per copiarci. Quanto per gli altri è semplice raggiungerci?(brevetti, base clienti, brand)
Il
Business Model
Il
business model descrive il modo in cui l'impresa intende generare
valore per i suoi clienti e trasformarlo in ricavi.
E'
diverso da un Business Plan che invece si concentra sui aspetti
economici-finanziari.
Uno
dei modelli più usati è il business model Canvas:
Il
modello, che potete scaricare qui (vi
consiglio anche la Empathy Map), è diviso in nove blocchi.
Ogni
Blocco descrive un segmento vitale per la buona riuscita del
progetto.
E'
importante capire che questo è uno strumento che semplifica
soprattutto la comprensione del business, vi da una visone d'insieme
semplificata.
Rende
palese le incongruenze, l'incoerenza di alcuni scelte, non è e non
sarà mai una sorta di bacchetta magica con cui potrete sistemare
tutto. Questo è bene tenerlo a mente.
Analizziamo
i 9 blocchi:
Proposta
di Valore (Value Proposition)
Chiamata
così perché ciò che si offre al mercato non è semplicemente il
prodotto che si realizza, ma i benefici che tale prodotto generano
per i clienti.
E'
importante distinguere ciò che si produce fisicamente, dal perché i
clienti pagano, poiché spesso pagano per motivi totalmente diversi
da quelli che ci aspettavamo.
Le
VP normalmente possono essere di 11 tipi: novità, performance,
personalizzazione, supporto, design, brand e status, prezzo,
riduzione dei costi, riduzione dei rischi, accessibilità,
usabilità.
Segmenti
di Clienti (Customer Segment)
Capito
cosa voglio offrire, adesso dobbiamo capire a chi vogliamo offrirlo.
Per
farlo dobbiamo raggruppare i possibili clienti in differenti segmenti
con necessità, comportamenti e attributi comuni.
La
psicologia moderna vuole che in tali condizioni comuni, ci sia un
comportamento d'acquisto comune (è' un approccio che sta passando di
moda, sopratutto per via dei risalutati che
stentano ad essere come quelli di una volta).
Ricordo
che gruppi di clienti simili sono segmenti diversi se:
-
richiedono una diversa offerta
-
vengono raggiunti da canali di distribuzione diversi
-
hanno livelli diversi di profittabilità
-
sono disposti a pagare per aspetti diversi dell'offerta
Normalmente
ha successo un prodotto che mira a una nicchia limitata, ma ben
definita di clienti.
Canali
(Channel)
Descrive
i modi in cui si comunica e si raggiunge il nostro segmento di
mercato
(Internet, TV,
giornali, affissione, porta a porta, passa parola, pr, punti
vendita, fiere, eccetera).
E'
importante porci nei panni del cliente (potete usare la Empathy Map
come schema semplificativo).
La
psicologia dei consumi divide il processo il
processo di acquisto in 5 fasi:
- Awereness: facciamo conoscere il prodotto. Dobbiamo far sapere che esistiamo e che possiamo risolvere un problema (con pubblicità e comunicazione)
- Valutazione: far capire quale bisogno soddisfiamo (con cataloghi, listini, recensioni, passa parola).
- Acquisto: dobbiamo renderlo il più semplice possibile.
- Consegna: come riceverà i prodotti? Dovrà aspettare? C'è rischio di danni?
- Post vendita: fintanto che un cliente utilizzerà un nostro prodotto dovremmo considerarlo ancora un nostro cliente, quindi dovremo tenere aperti dei canali di comunicazione con lui.
Customer
Relantionship
Mostra
che tipo di rapporto vogliamo avere con i nostri clienti.
Anche
qui ricordo che oltre alle attività di CrossSelling e Upselling, i
nostri clienti non sono tutti uguali.
Ci
sono i nuovi
clienti e ci sono i clienti attuali.
Vista
l'attuale economia di mercato, il grado di competizione e saturazione
di qualsiasi settore, da una parte, e soddisfazione di qualsiasi
bisogno, dall'altra, il mantenimento dei clienti attuali risulta
ormai più semplice e molto meno costoso. Per questo le leve
del CrossSelling
e Upselling divientano indispensabili.
In
ogni caso esistono diverse tipologie
di CR:
- Assistenza personale: faccia a faccia, call center.
-
Assistenza personale dedicata: come la precedente, ma l'assistente
sarà sempre la stesso.
-
Self-service: ci sono le istruzioni e si auspica che il cliente sia
autosufficiente.
-
Sistemi automatici.
-
Comunità: spesso gli utenti di un servizio di un prodotto formano
delle comunità.
-
Co-creazione: prosumers.
Il
difficile è individuare la relazione più soddisfacente per il
cliente, e che si integra meglio con il resto del BM.
Risorse
Chiave (Key Resource)
Sono
gli asset necessari per far funzionare il business. Di solito sono di
4 tipi:
1 Risorse fisiche: macchinari, strumenti, attrezzature, locali,
uffici.
2 Risorse umane: in primis sono le figure chiave necessarie, tutti
dipendenti poi rappresentano le risorse umane.
3 Risorse intellettuali: quelli intangibili (brevetti, copyright,
brand, conoscenze, base clienti e partnership).
4 Risorse finanziarie.
Attività
Chiave (Key Activity)
Sono
le attività cruciali. Esse cambiano a seconda del business,
possono essere di tipo produttivo, di tipo di problem solving,
eccetera.
Partnership
Chiave (Key Partnership)
Dobbiamo
capire cosa fare e cosa delegare (esternalizzare). Trovare accordi
proficui con partner giusti, darà una spina incredibile al nostro
Business.
Possono
essere in quattro forme:
1
Partnership cliente-fornitore: due aziende che sono sulla stessa
filiera
2 Partnership tra non-competitor: es Microsoft e Nokia x gli
smartphone
3
Cooperazione: cooperazione tra competitor (per suddividere il
rischio, unire le forze per attaccare un leader)
4
Joint Venture: tra aziende completamente diverse, di solito per
avviare nuovi progetti
Costi
(Cost Structure)
Descrive
tutti i costi sostenuti per far funzionare il nostro modello di
business.
Ricordiamo
che adesso, in
tutti i casi, i costi vanno minimizzati.
Esistono
due diverse tipologie di business model:
1
– modelli cost Driven: business guidati dai costi (es: offrire ai
clienti una VP al prezzo più basso possibile).
2
– modelli value Driven: guidati dal valore, cioè dalla qualità
(lusso).
Ricavi
Qui
arriva la parte in ui descriviamo in che modo intendiamo generare i
ricavi.
Individuare
il pricing corretto per il proprio prodotto è difficile.
Un
approccio comune e partire da quanto costa la VP e aggiungerne il
margine che si vuole ottenere.
Questa
strategia è più adatta business consolidati, per i prodotti
innovativi la domanda da porsi è:
Quanto
sarebbe disposto a pagare ogni segmento di clienti per la mia VP?
Per
quale aspetto della proposta è disposto a pagare?
Il
prezzo oltre che a sostenere il business, fornisce una chiara
indicazione sul posizionamento di mercato della nostra
offerta, inoltre contribuisce alla narrazione del brand.
Esistono
tre tipi di prezzi:
- Pricing basato sui costi: conoscenza dettagliata di tutte le voci di costo. C'è rischio di non entrare in relazione al mercato (prezzi molto alti o troppo bassi)
- Ppricing basato sulla domanda: si coinvolgono i clienti per capire il prezzo a cui mercato è disposto ad acquistare
- Pricing basato sulla competizione: si tiene conto dei prezzi dei competitor
Ricordo
che ogni impresa è fatta di persone, sono loro che possono far
diventare un prodotto mediocre un successo o viceversa.
Il
Team
Spesso
il team nasce più per caso, eppure è uno degli elementi più
importanti. In
molti casi il fondatore, parte direttamente a cercare
finanziatori, scelta destinata al fallimento, per molte ragioni:
- Staticità e cambiamento: la start up procede per tentativi e trasformazioni, quando si è soli la fluidità è compromessa. Oppure capita che ci si lascia influenzare dal giudizio degli altri troppo spesso.
- Forza creativa: L'idea iniziale non è mai completa, dovrà essere arricchita. Avere persone diverse, con esperienze e competenze diverse amplia le possibilità.
- Energia e motivazione: da soli c'è il grande rischio di abbandonare.
- Credibilità: la completezza del team è un parametro valutato attentamente dai finanziatori.
- Competenze: una singola persona non è in grado di ricoprire efficacemente tutti i ruoli richiesti.
Skill,
motivazione e Valori
Una
start up vale quanto la somma delle persone che la compongono, ma
le competenze e le capacità non sono l'unica cosa da considerare.
E'
importante la motivazione, cioè quanto interessa davvero il
nostro business, se lo considera un progetto da investirci tempo o lo
vede solo come un lavoro temporaneo.
E'
fondamentale la condivisione dei valori, cosa vuole raggiungere,
cosa lo attira, i motivi che lo spingono. Non bisogna sottovalutarli.
Esperienza: a
volte maggiori sono le competenze più aumenta il rischio di
fallimento, per eccesso di sicurezza.
L'esperienza
diretta nei settori in cui vogliamo agire è fondamentale.
Per
esempio gli angel preferiscono investire nei settori che conoscono
bene e dove hanno già lavorato.
Execution
L'esecuzione
è fondamentale, tra un prodotto immaginato e uno funzionante ci sono
mesi, anni di fatica, difficoltà ed errori. Molti
pensano che l'esecuzione sia il 99% del successo.
Per
questo diventa necessaria una buona capacita di Pivoting.
Il
Pivoting è uno dei fattori di successo, è la capacità di
evolvere e di adattarsi all'ambiente.
Facciamo
qualche esempio:
- zoom-in pivot: una singola parte del prodotto diventa il prodotto intero, perché mercato indica quale caratteristica interessa
- zoom-out pivot: ciò che prima era il prodotto completo, poi diventa una delle caratteristiche del prodotto
- customer segment pivot: il prodotto attiva clienti diversi da quelli a cui avevamo pensato (va riposizionato)
Lancio
e diffusione
Servirebbe
forse un blog intero per questa sezione, ma cerchiamo di descrivere
solo le cose essenziali. Esistono principalmente due tattiche di
marketing: attenzione acquistata (paid attention) e attenzione
guadagnata (earned attention).
Un'altra
classificazione delle tattiche di comunicazione è quella che
contrappone le tecniche che prevedono di interrompere il destinatario
(outbound marketing) e quelle che prevedono che sia quest'ultimo a
scegliere l'azienda (inbound marketing).
L'outbound
richiede del capitale da investire e ha il vantaggio della rapidità
del ritorno dell'investimento (carta
stampata, direct mail, telemarketing e call center, fiere, pubblicità
tv e radio, link sponsorizzati e banner).
L'inbound
non utilizza la pubblicità tradizionale, perché oggi giorno non
garantisce più ritorni di attenzione di una volta. Siamo così
sottoposti a tanti stimoli pubblicitari che per sopravvivere, il
cervello semplicemente impara non vederti (a questo proposito leggete
la guida
definitiva alla persuasione), per questo pensare a tattiche non
convenzionali può essere la scelta vincente.
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